di Angelica Aliprandi
Molti credono che sia sufficiente regalare mimose per mostrare rispetto alle donne. Invece l’8 marzo non dev’essere considerato come una semplice occasione di galanteria, ma per un’esortazione a ricordare il passato e a comprendere il presente. È necessario guardare con occhio critico ogni obbiettivo raggiunto e chiedersi se si tratti di una vittoria per tutte le donne del mondo o se ci siano Paesi in cui il tempo pare essersi fermato. Allo stesso modo è necessario consolidare una certa memoria storica, imparando a non dimenticare ciò che è stato un tempo apparentemente lontano.
Per secoli, alle donne fu negata la partecipazione in ambito politico: non era compito di una donna interessarsi alla società, dal momento in cui il ruolo di moglie e madre doveva costituire la centralità della sua esistenza e non le era concesso trasgredire ad una tale direttiva. Ciò si può osservare brillantemente nel film di Paola Cortellesi, “C’è ancora un domani”, ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, in cui la famiglia protagonista rispecchia il tipico modello patriarcale, in cui la donna era confinata tra le mura domestiche, subendo maltrattamenti e soprusi. Da questo film emerge l’importanza del diritto di votare: di fatto, il principale obbiettivo dei primi movimenti femministi dell’Ottocento fu proprio l’aspirazione al suffragio universale, ovvero l’estensione del diritto di voto alla popolazione femminile. Nel Regno Unito la lotta per l’uguaglianza sociopolitica venne sostenute anche da diverse personalità maschili, come il filosofo ed economista John Stuart Mill che propose il suffragio femminile nel programma elettorale del 1865. Vennero successivamente chiamate suffragette, con ironico disprezzo, tutte le donne che presero parte alla protesta, che iniziò ad allargarsi fino a raggiungere altre nazioni, nonostante venisse repressa violentemente dalle forze dell’ordine. Il primo Paese a concedere alle donne i pieni diritti politici fu la Nuova Zelanda nel 1893, ma Italia dovette attendere la fine della Seconda Guerra Mondiale, durante la quale le donne ricoprirono i tipici ruoli al maschile, dimostrando di avere notevoli capacità in diversi campi e contribuendo così ad un radicale cambio di mentalità. Nel 1948, il suffragio universale venne introdotto nella legislazione internazionale.
Ma cosa hanno significato per le donne secoli di esclusione e limitazioni sociopolitiche? L’obbligo di astenersi dal voto comporta innanzitutto l’impossibilità di sentirsi parte integrante di un contesto sociale e in secondo luogo implica un evidente sfruttamento: le donne davano un contributo socialmente effettivo solo attraverso la maternità, escludendo qualsiasi altra dote o talento che trascenda dalla funzionalità biologica.
L’essenzialità del ricordo non deve però indurci a pensare che la condizione femminile sia ora stabile e libera dalla misoginia. Basti pensare all’aborto, un altro diritto fondamentale costantemente sotto minaccia e al centro di polemiche e discussioni particolarmente accese, o il fatto che, nel settore privato, a parità di ruoli le donne vengono ancora pagate meno.
La cosa più spaventosa è che, a dire il vero, non tutti il Paesi del mondo hanno assistito a questo progresso femminile. Basti pensare al Congo, in cui lo stupro su donne e bambine viene utilizzato come vero e proprio strumento di guerra per sterminare un popolo, o la condizione femminile in Afghanistan o in Iran. Ciò di cui le donne hanno bisogno è il riconoscimento universale dei loro diritti affinché non ci sia più nessuno in grado di sottrarle dalla realtà per cui hanno combattuto duramente, l’8 marzo è un’occasione di riflessione profonda che deve stimolarci ad agire nel nostro piccolo per favorire un cambiamento che innanzitutto deve provenire dalla coesione tra sessi e in questo l’educazione svolge indiscutibilmente un ruolo fondamentale.
Poniamoci una domanda: ma è questa la realtà per cui tante persone hanno combattuto o la strada per la parità è ancora lunga?
Lui è il Soggetto,
L’Assoluto.
Lei è l’Altro.
Simone de Beauvoir (scrittrice e filosofa, Parigi, 9 gennaio 1908 – Parigi, 14 aprile 1986)
Comments