di Sara Cogliati
Mahsa Amini, deceduta il 16 settembre in seguito alla mancata osservanza della legge sull’obbligo del velo.
Nika Shakarami, perde la vita durante la manifestazione sui diritti delle donne iraniane questo 20 settembre.
Sarina Esmaeilzadeh, scomparsa il 23 settembre dopo essere stata aggredita dalla polizia durante una protesta.
Asra Panahi, uccisa dalla polizia lo scorso 12 ottobre per aver rifiutato di cantare l’inno dedicato ad Alì Khamenei, guida suprema del paese.
Immaginate di svegliarvi una mattina: fate colazione, vi preparate e andate a passare una tranquilla giornata di compere nel vostro centro commerciale preferito con la vostra famiglia. Tutto sarebbe andato per il meglio, se non fosse per un piccolo, grande particolare: non avete indossato correttamente l’hijab, probabilmente non ve ne siete neanche accorti. Però la polizia locale vi vede, vi sottrae alla vostra famiglia, che non rivedrete più, e vi sbatte in prigione. Lì morirete dopo tre giorni, spaventati, dopo essere stati picchiati e maltrattati.
Questa è la storia di Mahsa Amini, una delle quattro ragazze citate sopra, che danno un volto alla sofferenza di milioni di donne iraniane che stanno combattendo per la loro libertà.
Queste giovani non sono vittime della sola violenza, ma anche delle costrizioni che limitano l’indipendenza della popolazione femminile.
Tuttavia, non sono morte invano: anzi, l’opinione pubblica, indignata, sta mandando avanti ormai da più di un mese le proteste contro la violenza in Iran. Le donne sono stanche di vivere nel recinto imposto dallo Stato: coraggiose e determinate, tutte insieme speriamo che riescano a scavalcarlo.
In segno di ribellione contro gli obblighi legislativi si tagliano le ciocche dei capelli. Il messaggio è chiaro: vogliono ottenere la libertà che gli spetta.
“Nulla è meglio della libertà” – Sarina Esmaeilzadeh.
Anche sui social vengono condivisi video, foto, messaggi di solidarietà e sostegno nei confronti delle iraniane, che continuano imperterrite a portare avanti la loro causa.
Per concludere, mi piacerebbe condividere con voi lettori un video Instagram di una coreografia coinvolgente realizzata dai ballerini del programma televisivo Amici. Nel video è stata utilizzata la canzone Baraye, scritta dal cantante iraniano Shervin Hajipour, che è diventata l’inno simbolico di queste proteste.
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