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Referendum dell'8 e 9 giugno: parliamone!

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    Il Foglio di Villa Greppi
  • 11 minuti fa
  • Tempo di lettura: 5 min

di Alexandra Toso


Ormai sono alle porte l’8 e il 9 Giugno, giornate in cui i cittadini sono chiamati a votare su cinque importanti referendum riguardanti il lavoro e l’acquisizione della cittadinanza. La grande novità di questo referendum è che per la prima volta, gli elettori fuorisede, cioè che non si trovano nel proprio comune di residenza, potranno votare online.  

Si tratta di referendum abrogativi, in cui - come gli studenti del Liceo Economico Sociale sanno bene - si propone ai cittadini di approvare o meno la cancellazione di una legge o di una sua parte. I temi dei cinque referendum sono: licenziamenti illegittimi, tutela nelle piccole imprese, riduzione del lavoro precario, sicurezza sul lavoro e cittadinanza italiana. E' importante sottolineare che essi saranno validi solo se la quantità di persone che andrà a votare raggiungerà il quorum, ovvero il cinquanta per cento degli aventi diritto più uno. Per i primi quattro quesiti, riguardanti il lavoro, sono state raccolte 4,2 milioni di firme, e per quello sulla cittadinanza 637 mila firme: si tratta del maggior numero mai raggiunto per un referendum abrogativo nella storia italiana, seguito “solo” da quello del 1974 riguardo la legge che sanciva e disciplinava il diritto al divorzio.

Le cinque schede dei cinque referendum abrogativi dell'8 e 9 giugno 2025.
Le cinque schede dei cinque referendum abrogativi dell'8 e 9 giugno 2025.

Ma come funziona un referendum abrogativo? 


La proposta alla Corte Costituzionale viene fatta da un minimo di 500mila elettori oppure da 5 regioni e, se essa la giudica valida e ammissibile, viene stabilita una data in cui tutti gli aventi diritto di voto possono esprimere la propria volontà di annullare la legge oppure no. Questo avviene recandosi nel proprio comune e barrando la casella “Sì” o “NO” sulla scheda che contiene il quesito referendario.

Perché un referendum sia valido, però - come ricordato sopra - è necessario che sia raggiunto il quorum, cioè che il 50% più 1 degli aventi diritto si rechi alle urne. Chi andrà a votare quest’anno riceverà cinque schede di diverso colore, ognuna contenente la descrizione della norma; per abrogarla bisogna spuntare la casella “SI”, mentre per mantenerla bisogna spuntare la casella “NO”. 


Ecco su che cosa sono incentrati i cinque quesiti. 


  1. Licenziamenti illegittimi – Contratto a tutele crescenti: si propone l’abrogazione di uno dei decreti del Jobs Act che stabilisce che le lavoratrici e i lavoratori assunti con contratti di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti nelle imprese con più di 15 dipendenti dal 7 marzo 2015 in poi non possono rientrare nel proprio posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo. Questi contratti sono diversi dai “classici” contratti a tempo indeterminato: secondo la norma attuale, infatti, chi è licenziato illegittimamente sotto questi contratti di lavoro viene ricompensato con una quantità di denaro (indennizzo) basata sul tempo per cui ha lavorato nell’impresa. Facciamo un esempio: un lavoratore di origine indiana viene licenziato dal proprio datore di lavoro razzista per la propria etnia, quindi per un motivo non valido, che è quello della discriminazione razziale. Secondo la legge attuale, in casi come questi, il lavoratore sarà risarcito con una quantità di denaro basata sul tempo per cui ha lavorato nell’impresa e non potrà mai più essere riassunto da essa. Barrando il “Sì”, dunque, si vota per ristabilire l’obbligo di riammettere il lavoratore nella sua occupazione in caso di licenziamento illegittimo, barrando il "NO" si mantiene la legge attualmente in vigore.


  2. Tutela delle piccole imprese – Cancellazione tetto delle indennità: il quesito chiede se si voglia eliminare il tetto massimo all’indennizzo dovuto ai lavoratori per i licenziamenti illegittimi nelle aziende con meno di quindici dipendenti, che corrisponde a 6 mensilità, consentendo al giudice di determinare l’importo senza un limite.  


  3. Riduzione del lavoro precario – Contratti a termine: i cittadini devono decidere se abrogare alcune norme che stabiliscono quando un’azienda possa assumere lavoratori con contratti a tempo determinato e a quali condizioni può prolungare e rinnovare questi contratti. Cancellando le norme in vigore dal 2015, quindi, si ristabilisce l’obbligo di indicare perché si usi questo tipo di contratto; oggi quest’obbligo è obbligatorio solo per i contratti a tempo determinato che durano dai dodici mesi o più. 


  4. Sicurezza sul lavoro - Responsabilità solidale negli appalti: il quesito riguarda la sicurezza dei lavoratori negli appalti, cioè i contratti con cui una parte, l’appaltatore, assume a proprio rischio l’obbligo di portare a termine per un’altra parte, il committente, un’opera per un corrispettivo in denaro. Quindi, il quesito chiede l’abrogazione della norma che esclude la responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore (chi, in alcuni casi, svolge l’opera per l’appaltatore) degli eventuali infortuni dei lavoratori nelle attività delle imprese appaltatrici ( o subappaltatrici). La “responsabilità solidale” è quella che tutti i soggetti coinvolti hanno nei confronti di chi subisce un danno di cui sono responsabili e che oggi non è prevista. Se invece dovesse vincere il sì, il committente sarebbe responsabile e dovrebbe risarcire i danni subiti dal lavoratore anche se derivanti da rischi dell’appaltatore.  


  5. Cittadinanza italiana: oggi, per avere la cittadinanza italiana, le persone maggiorenni nate in un paese esterno all’Unione Europea devono risiedere legalmente in Italia per almeno dieci anni. Il quesito propone di cancellare questa norma per diminuire a cinque gli anni di residenza legale necessari.


I principali promotori del referendum sono la CGIL, il più grande sindacato italiano, e “Italiani senza cittadinanza”,  la principale associazione che si occupa di accoglienza dei figli di stranieri nati in Italia. Queste organizzazioni sostengono che i cittadini non sono stati abbastanza informati dalle autorità sui temi del referendum e che esse non hanno dato  all’appuntamento la giusta visibilità. 

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La famosissima foto scattata in occasione della nascita della Repubblica italiana, il 2 giugno 1946.

I cittadini italiani acquisiscono il diritto di voto a 18 anni. Alcuni studenti di quarta e, tranne che per i "primini", tutti gli studenti di quinta hanno il diritto e il dovere di votare, come sancisce l’art. 48 della Costituzione italiana: “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.” L’esercizio del voto è un dovere civico. Il voto è l’elemento fondante del nostro Stato, si può dire che la Repubblica Italiana sia nata con il diritto di voto il 2 giugno del 1946, quando i cittadini e le cittadine (queste ultime per la prima volta!) decisero di rendere l’Italia una Repubblica. L’Italia è una Repubblica democratica, regolata e fondata sulla Costituzione, che nel suo primo articolo sancisce che la sovranità appartiene al popolo. Votare, quindi, è un nostro grande diritto, ma anche dovere, derivato dalle lotte e dalla sofferenza di chi, prima di noi, ha combattuto contro chi lo ha negato agli italiani nel ventennio fascista che ha preceduto la Repubblica. Non possiamo darlo per scontato: il voto è il nostro unico modo di avere voce nelle decisioni del Governo, che stabiliscono il nostro futuro. 

Se eravate già a conoscenza di questo referendum ormai molto vicino, congratulazioni, perché ben il 32% della popolazione non sa ancora della sua esistenza. L’ultimo, avvenuto il 12 giugno del 2022, ha avuto un’affluenza soltanto del 20%: riguardava l’abrogazione di alcune norme della giurisdizione italiana. È stato il più basso numero mai registrato. 

"Democrazia" viene dal greco “démos”, popolo, unito a “kràtos”, “potere”: i referendum sono il pieno esercizio della democrazia, il nostro potere, in quanto popolo, di avere potere decisionale per il nostro futuro. Abbiamo la possibilità, per non dire la fortuna, di poter decidere, per noi e per i futuri italiani, quindi facciamolo: facciamo la differenza, votando!  


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