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  • Immagine del redattoreIl Foglio di Villa Greppi

I manicomi: l’orrore del secolo scorso

di Giulia Bosco


Le malattie mentali sono sempre esistite, ma solo negli ultimi quarant’anni se ne parla con il rispetto che meritano, senza considerarle qualcosa di indegno e da nascondere, ma solo da curare. Fino agli anni ’80 l’Italia pullulava di ospedali psichiatrici estremi, comunemente chiamati manicomi, dove i pazienti non avevano più nessun diritto, neppure quello di denunciare gli abusi che subivano.

Questi istituti cominciarono a diffondersi in Europa verso la seconda metà dell’800 (il primo in Italia è l’ospedale psichiatrico di Girifalco, 1881) e con essi anche le pratiche, oggi illegali, di psicochirurgia, come la lobotomia. Quest’ultima è una procedura nata per rendere più docili i pazienti soggetti da gravi forme di schizofrenia o epilessia. L’operazione consisteva nella rimozione della corteggia pre-frontale del cervello, ciò rendeva effettivamente i pazienti più mansueti, ma faceva perdere loro spontaneità e reattività, trasformandoli in fantocci anaffettivi e privi di personalità. Questi interventi, così come le terribili sedute di elettroshock, venivano praticati all’interno degli istituti da medici e infermieri che molto spesso abusavano del loro potere. Infatti, i manicomi non sono nati con l’intento di curare le persone malate, ma di rinchiuderle e tenerle sotto controllo. È giusto ricordare che in questo luogo non ci finivano solo i gravi casi psicotici, ma anche donne che si ribellavano ai mariti o affette da depressione post-partum, bambini orfani o abbandonati, omosessuali, stranieri, oppositori politici eccetera. In effetti, la maggior parte delle persone detenute all’interno dei manicomi non avevano nemmeno ricevuto una diagnosi. Le torture erano all’ordine del giorno: dalle camicie di forza alle frustate con la cintura, dai lunghi bagni d’acqua ghiacciata/bollente all’elettroshock. Quest’ultimo in particolare era tra i metodi più utilizzati per punire i pazienti ribelli: le scariche elettriche facevano perdere loro conoscenza, riducendoli a vivere in uno stato semi-vegetativo con danni celebrali permanenti. Giorgio Coda fu uno psichiatra italiano particolarmente conosciuto all’epoca poiché molto incline ad utilizzare questa procedura sui suoi pazienti.

I malati psichiatrici venivano dunque considerati come mostri, pericolosi e da escludere dalla società. Fu così per un bel po’ di tempo, fino all’applicazione della legge Basaglia del 1978. Questa legge abolì tutti i manicomi ed impose la tutela dei diritti dei malati, restituendogli la loro dignità. Ma questa legge fu soprattutto molto importante per sensibilizzare gli italiani sull’argomento delle malattie mentali, molto poco discusso al tempo. Oggi le case di cura per i casi gravi sono totalmente a norma e a tutela del paziente; con a disposizione sedute di terapia con un professionista e momenti di ritrovo comune tra i pazienti, per ricordare che non sono emarginati della società ma esseri umani come tutti i cittadini del mondo.


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