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Immagine del redattoreIl Foglio di Villa Greppi

Vietnam: una pace irreale

di Hiba Founoun


“All we are saying is give peace a chance” così cantano John Lennon e Yoko Ono l’inno collettivo pacifista, tra le strade e i borghi si chiede la pace in quel ‘69 come non mai. Una guerra lontana che fece male, fece soffrire, fece morire, che abbiamo visto da lontano tra film di Coppola come Apocalypse Now e tra le parole di Oriana Fallaci, giornalista italiana inviata all’epoca in Vietnam. Una guerra che si è portata via più di tre milioni di anime.

Il 27 gennaio è stata la ricorrenza della firma degli accordi di Pace di Parigi, 50 anni esatti, i quali rappresentarono una vera e propria utopia. Cerchiamo di comprendere cosa è accaduto con qualche nota storica fondamentale.

Durante la Seconda guerra mondiale, nel 1940, il Giappone aveva cercato di conquistare vecchie prede della colonizzazione francese; quando si concluse il conflitto nel 1945 la Francia cercò di riconquistare una volta per tutte i vecchi territori dell’Indocina. La Francia però dovette far fronte a Ho Chi-Minh, fondatore del movimento nazionalista Viet Minh legato a potenze comuniste di Cina e Unione sovietica. La Francia perse la guerra dell’Indocina e nel 1954 con gli accordi di Ginevra la penisola indocinese venne divisa in quattro Stati indipendenti uno dall’altro: Cambogia, Laos, Vietnam del nord e Vietnam del sud.

La guerra comincia nel 1955 con un Vietnam diviso in due parti, tanto vicine ma tanto lontane, al nord Ho Chi-Minh con il suo regima totalitario comunista, al sud Ngo Dinh Diem con un governo alquanto totalitario semi-dittatoriale supportato dagli Stati Uniti.

Nel 1956, preoccupandosi delle forze vietnamite comuniste, gli Stati Uniti spinsero Ngo Dinh Diem a non concedere le elezioni di riunificazione del paese. Ho chi-Minh rispose con il suo gruppo di guerriglia: i Viet Cong l’8 luglio del 1959 uccisero due consiglieri americani. Due anni dopo il presidente John Fitzgerald Kennedy decise di mandare diverse forze speciali e quindi di incrementare le armate in Vietnam del Sud per eliminare la minaccia dei Viet Cong, cercando di spostare il conflitto sul territorio nordico. La prima reazione decisiva però avvenne il 2 agosto del 1964 quando una nave americana venne attaccata da quattro imbarcazioni nemiche. Il 24 dicembre dello stesso anno, iniziarono i bombardamenti nel Vietnam del Nord sotto comando del successore di Kennedy, Lyndon Baines Johnson. La guerra del Vietnam fu sporca, brutale, scioccante per i soldati. Morirono più di 58.000 americani e ne furono feriti più di 153.000, senza contare le conseguenze psicologiche successive. Le perdite vietnamite sono meno precise, vengono stimate da 500mila a 4 milioni di essere umani.

Il 30 gennaio del 1968, rappresentò una data di svolta al conflitto, quando il Vietnam del Nord e il Viet Cong lanciarono l’Offensiva del Tet, un attacco a sorpresa al Vietnam del Sud. Alla fine del 1968 i bombardamenti vennero interrotti e iniziarono i colloqui di pace tra gli Stati Uniti e il Vietnam del Nord. Venne eletto nel mentre il nuovo presidente americano Richard Nixon, il quale elaborò il suo “piano politico” che consisteva nel progressivo ritiro delle forze americane, potenziando l’apparato governativo e militare del Vietnam del Sud.

Il 27 gennaio 1973, gli accordi di pace di Parigi vengono firmati definitivamente dai capi delle delegazioni del Vietnam del Nord, Lec Duc Tho e degli Stati Uniti, Henry Kissinger, quali successivamente ricevono il premio Nobel per la pace nel 1973.

Gli accordi si basavano su quattro punti chiave: fermare gli attacchi entro la mezzanotte dello stesso giorno; il ritiro delle truppe americane entro 60 giorni; il permesso da parte del Vietnam del Nord di una forma di autodeterminazione del Vietnam del Sud in materia di elezioni libere; eventuale riunificazione con mezzi pacifici del nord e del sud.

“Abbiamo ottenuto una pace giusta... abbiamo coronato con onore una delle imprese meno egoiste della storia delle Nazioni.” dichiara Nixon dopo la firma delle trattative, accordi che avrebbero dovuto raggiungere la cosiddetta “pace giusta”, accordi che avrebbero dovuto rappresentare la fine di ostilità e del male, l’inizio della vera pace e della quiete, ma che non descriveva altro che una pseudo-tregua e défaillance umana. In seguito alle dimissioni di Nixon il Vietnam del Nord rompe gli accordi con il suo ultimo e decisivo attacco: il 30 aprile 1975 attacca Saigon, la capitale del sud, portando alla fine un conflitto così tanto atroce, alla riunificazione del paese sotto la dittatura comunista ma soprattutto alla dura sconfitta americana. Gli accordi di Parigi simboleggiarono un armistizio fittizio e irreale, cinquant’anni fa la guerra sarebbe dovuta finire ma questa continuò a portare via soldati e civili innocenti.

L’uomo raggiungerà la pace e il benessere quando capirà che le armi non sono la soluzione ai problemi, ma è ormai dimostrato che la vera pace è un’utopia, rimarrà sempre un grande miraggio per il genere umano. Raggiungere la pace non significa necessariamente cessare tutti i conflitti del mondo, poiché sarebbe alquanto difficile, significa invece gestire il conflitto con mezzi pacifici, come ci diceva Ronald Reagan. Ci sono altri mezzi, oltre alle armi, che possono essere usati per risolvere dissidi: la diplomazia e l’economia.

È bello sognare che il nostro mondo possa risvegliarsi nella sua totale resilienza da tutte le prove alle quali deve far fronte, significherebbe raggiungere la concordia, un’armonia e un benessere globale.

La pace è necessaria al fine di rafforzare la società nella quale si vive di fronte a tutte le sfide globali, di cui vittima non è altro che il nostro stesso mondo.

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