di Elena Cazzaniga
È trascorsa una settimana da quando, il 2 marzo, un corteo di oltre 200.000 persone ha deciso di smettere di stare a guardare e portare il loro messaggio antirazzista per le strade di Milano. Ce ne siamo già dimenticati? Eppure quelle 200.000 persone non sono soltanto un numero, ma ognuna di loro, con la sua presenza, ha regalato la speranza che, insieme, un cambiamento è possibile. Perché in una nazione che, in contrasto alla globalizzazione, si chiude in sé stessa, innalzando barriere fisiche e culturali, come l’approvazione del Decreto Sicurezza, è stato bello vedere marciare persone di diverse età e colori, per rivendicare il loro essere umani prima delle leggi. Ad organizzare l’evento sono state numerose associazioni, come ANPI, ACLI, ARCI, Emergency, a sottolineare l’impegno collettivo contro ogni forma di discriminazione.
C’era tanta energia positiva, data anche dal fatto che fosse una manifestazione pacifica e non distruttiva, facendo sentire insieme la voglia di un progresso, camminando insieme, passo dopo passo. È stato scelto di non tenere alcun discorso politico, poiché la libera valorizzazione delle diversità potesse essere la protagonista. Pare che Palermo sia la prossima città a seguire l’esempio di Milano: “Un nuovo modo di vivere la socialità è possibile”, così ha detto il sindaco milanese, Beppe Sala, presente ad aprire il corteo ed ora impegnato a portare in tutta Italia il messaggio di People - Prima le persone.
Il Decreto Salvini comprende il Decreto Sicurezza ed il Decreto Immigrazione, ed è diventato una legge composta da 40 articoli. Queste nuove norme rendono più difficile il soggiorno in Italia ai richiedenti asilo. Viene cancellato il permesso di soggiorno per motivi umanitari (articolo 1), che aveva la durata di due anni e consentiva l'accesso al lavoro, al servizio sanitario nazionale, all'assistenza sociale e all'edilizia residenziale. Al suo posto vengono introdotti permessi per "protezione speciale" (un anno), "per calamità naturale nel Paese di origine" (sei mesi), "per condizioni di salute gravi" (un anno), "per atti di particolare valore civile" e "per casi speciali" (vittime di violenza grave o sfruttamento lavorativo). Il diniego della protezione internazionale scatta nel caso di condanna definitiva (articolo 7) anche per i reati di violenza sessuale, spaccio di droga, rapina ed estorsione. Inoltre, il Decreto Sicurezza prevede per l’immigrazione: fondi per i rimpatri, l’aumento della permanenza massima nei Centri di permanenza per il rimpatrio da 90 a 180 giorni, il depotenziamento del sistema Sprar, cioè l’accoglienza diffusa (come spesso viene chiamata) gestita dai comuni che serve a fornire ai richiedenti asilo corsi di lingue e altri percorsi di integrazione, ora potrà accogliere solo minori non accompagnati e chi ha già ricevuto la protezione umanitaria, mentre i richiedenti asilo saranno trasferiti nei centri di accoglienza.
Un punto molto criticato del Decreto è l’elevato rischio che moltiplichi il numero di stranieri che si trovano in maniera irregolare nel nostro Paese e che quindi non possono avere un lavoro regolare o ricevere prestazioni sociali e che per questo sono incentivati a dedicarsi ad attività illegali. Inoltre non aiuta all'integrazione dei migranti, unica carta vincente per un progetto lungimirante.
N.B. I migranti in attesa di permesso di soggiorno non possono trovare un lavoro.
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