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LA STRISCIA DI GAZA: un po’ di storia per schiarirci le idee

di Angelica Aliprandi


Di recente non si fa che parlare del sanguinoso conflitto israelo-palestinese: è evidente che il Medio Oriente stia facendo i conti con una vera a propria guerra che ha già mietuto migliaia di morti, tra cui donne, anziani e bambini. Si tratta di un’avversità dalle profonde radici storiche che talvolta vengono date per scontate. Per capire il presente, è inevitabile confrontarsi con le vicende passate, per trovare una causa, un motivo a un tale rancore.

La Striscia di Gaza è una regione costiera confinante con Israele e l’Egitto. Seppur non godendo della definizione di ‘Stato sovrano’, le autorità palestinesi lo reclamano come parte integrante del loro territorio. Con una lunghezza di soli 40 km e una larghezza dai 7 ai 15 km, la Striscia di Gaza è abitata da più di 2 milioni di persone e questo la rende una delle aree più densamente popolate al mondo. Storicamente, la Striscia di Gaza dovette subire la dominazione di diversi Stati, i quali si sono succeduti nella lotta per il dominio geopolitico da sempre tipico di questa terra.

I primi ad aver occupato questo contesissimo territorio furono gli Ottomani nel XVI secolo. Negli anni della Grande guerra, dopo la sconfitta dell’impero turco, il Regno Unito prese possesso della Striscia di Gaza attraverso il mandato britannico, un’istituzione che garantiva il controllo dell’area palestinese. In seguito, l’Inghilterra e i rappresentanti del movimento sionista sancirono un accordo che prometteva alla popolazione ebraica lo stanziamento in Palestina.

«Il governo di Sua Maestà vede con benevolenza l'istituzione in Palestina di una National Home per il popolo ebraico e farà del suo meglio perché tale fine possa essere raggiunto, rimanendo chiaro che niente deve essere fatto che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in Palestina, né i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni

Questo è ciò che affermò Arthur Balfour, l’allora ministro degli esteri inglese. L’immigrazione ebrea fumotivo di malcontento tra la maggioranza araba, secondo cui l’altissimo tasso di disoccupazione era dovuto all’assegnazione di terre e proprietà ai coloni ebrei. La situazione degenerò attorno agli anni ‘30, quando scoppiò la guerra civile che vide 5000 caduti arabi.Repressa cinicamente nel sangue, la cosiddetta “grande rivolta araba” si concluse con la condanna a morte di più di 120 palestinesi e l’impiccagione di altrettanti 40.

Nel 1947 il Comitato speciale per la Palestina discusse la questione israelo-palestinese cercando di soddisfare le richieste di entrambi i popoli e oscillando tra l’idea di due Stati separati e quella di un unico Stato federale. Inoltre, era necessario fare in modo che il Regno Unito si ritirasse dal territorio per placare le tensioni tra ebrei e arabi e prevenire possibili attentati. Il 30 novembre le Nazioni Unite giunsero ad un accordo: la Palestina sarebbe stata spartita in due Stati distinti, uno ebraico e uno arabo. Tale decisione suscitò reazioni diverse, alcune di esse radicali ed estremiste. Menachem Begin, futuro primo ministro israeliano e a capo dell’Irgun, associazione paramilitare sionista, dichiarò:

«La divisione della Palestina è illegale. Non sarà mai riconosciuta. La Grande Israele sarà ristabilita per il popolo di Israele. Tutta. E per sempre.»

Lo Stato ebraico venne proclamato nel 1948, ma quello arabo non nacque mai ufficialmente, nonostante la promessa dell’ONU. La Striscia di Gaza si ritrovò isolata e cadde sotto l’amministrazione militare dell’Egitto, il quale governò dal 1949 al 1967, negando ai rifugiati palestinesi la cittadinanza.

A partire dal 1967, il territorio di Gaza fu conquistato da Israele durante la Guerra dei sei giorni, che, oltre ad aver instaurato un governo prettamente militaristico destinato a persistere per oltre 27 anni, prese il controllo dei servizi pubblici e si occupò della manutenzione delle infrastrutture civili. In seguito agli accordi di Oslo del 1993, le autorità israeliane si ritirarono, lasciando gran parte della Striscia all’ANP, l’Autorità Nazionale palestinese, mantenendo tuttavia il controllo degli aspetti fiscali e commerciali. Così, nel settembre del 1995, l’OLP (organizzazione per la Liberazione della Palestina) e Israele ufficializzarono un armistizio che concesse all’ANP la Cisgiordania. Siccome il governo israeliano aveva instaurato numerosi insediamenti nella Striscia, la popolazione fu costretta ad evacuare la zona.

Le elezioni legislative del 2006 vide vincitrice la fazione di Hamas, un movimento paramilitare islamista che ottenne la maggioranza dei voti. Il partito rivale di al-Fath aveva governato la Cisgiordania, Gaza compresa, per circa due anni. Hamas si guadagnò l’egemonia sull’intera Striscia di Gaza, tanto da massacrare o respingere ogni oppositore dal territorio, che cadde nelle mani di un braccio armato del partito, le Brigate Ezzemin al-Qammas. Proprio per questo motivo Hamas è considerata un’organizzazione terroristica dagli Stati Europei, che cessarono così di supportare la Palestina.

Si riaccese il conflitto con Israele nel 2007, quando quest’ultimo decise di avanzare una serie di operazioni militari volte all’uccisione dei leader palestinesi che costituivano un rischio per la sicurezza dello Stato, attaccando sistematicamente la Striscia di Gaza. La riposta di Hamas fu immediata e altrettanto drastica. L’embargo imposto dall’esercito israeliano, il quale fu accusato di commettere brutalità contro i civili, rese la situazione nella Striscia estremamente precaria a causa dell’altissima densità di popolazione e della mancanza di rifugi sicuri (il numero dei morti cambia a seconda della natura della fonte). Queste vicissitudini non videro mai una vera e propria tregua, nonostante l’Unione Europea abbia chiesto ad Israele di cessare il fuoco e ritirarsi.

L’operazione Al-aqsa, da parte di Hamas, ha avuto inizio il 7 ottobre di quest’anno: una nuova offensiva è stata scagliata contro Israele. In conclusione, l’apparente inefficacia della diplomazia sembra averci condotto allo scoppio di un’altra guerra, quella a cui stiamo assistendo tutt’ora, che altro non è che l’ostilità di un conflitto a cui, purtroppo, ancora non si è trovato rimedio.

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