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Immagine del redattoreIl Foglio di Villa Greppi

La scuola, il burnout e Alessandro Barbero



Alessandro Barbero è un bravissimo storico, accademico e scrittore, e, nel dicembre 2019, ha rilasciato un'intervista a OggiScuola: parla dell'insegnamento e degli insegnanti, del loro ruolo nella società e delle problematiche connesse. L'argomento è ancora estremamente attuale, in particolare con gli ultimi sviluppi legati al Covid, perciò ve lo proponiamo.

Le regole anti-Covid che il Governo presenta nel susseguirsi di DPCM, il continuo cambiamento di colore delle regioni, fa si che la scuola sia diventato il luogo dell'incertezza, dove le programmazioni saltano, anche quelle predisposte da una settimana con l'altra, il rapporto con gli studenti e la pianificazione delle lezioni va ricalibrato in continuazione, alcuni obiettivi sembrano irragiungibili... Sembra che il Governo non consideri tutto ciò, e se lo considera non lo dà a vedere. Questa condizione alimenta una frustrazione che, come spiega Barbero, era già presente nel mondo scolastico.

Nell'articolo di parla di "burnout", una vera e propria patologia che colpisce insegnanti e presidi (più le donne che gli uomini, più nelle scuole superiori e più al Nord che al Sud, dicono gli studi scientifici). Vi sono vari sintomi per riconoscerlo, tra cui ansia, pessimismo, irritabilità, perdita di concentrazione e relativi errori, irrequietezza, memoria meno pronta.

Quanti insegnanti si ritrovano oggi in questa descrizione?

Eccovi l'intervista che potete anche leggere in versione integrale su OggiScuola qui.

(CMR)


Alessandro Barbero a OggiScuola: “L’insegnamento è il più frustrante dei mestieri moderni”


La scuola, nel corso degli ultimi anni, ha subito grandi mutazioni sia dal punto di vista didattico che legislativo. Spesso, a pagarne a caro prezzo le conseguenze, sono gli insegnanti. Per fare il punto, la redazione si OggiScuola ha contattato il professore Alessandro Barbero (...).


Gli insegnanti oggi sono una vera e propria categoria “sotto attacco”, da cosa crede che dipenda questo radicale cambiamento nei confronti di una classe che fino a dieci anni fa, era stimata e rispettata?

Intanto, io direi non dieci, ma venti o venticinque anni fa: l’aggressione è cominciata allora. Le cause sono: a livello immediato, la svolta a destra della politica italiana, che ha comportato l’antipatia evidente di molti governi nei confronti di un mondo, quello degli insegnanti, tradizionalmente considerato di sinistra; ma più in profondità, e in modo più insidioso, la svolta a destra dell’intero mondo occidentale, l’ideologia unica del profitto, l’esaltazione dell’imprenditoria come sale della terra. Ne risulta una classe dirigente che non capisce letteralmente più a che cosa servano la cultura, la scuola, lo spirito critico, e quando lo capisce, li considera dei pericoli da neutralizzare. (...)


Insegnare oggi, sia in ambito scolastico che universitario, significa doversi costantemente aggiornare. Crede che sia più complesso essere al passo con i tempi nella scuola o negli atenei?

E’ certamente molto più complesso nella scuola. La scuola è stata aggredita molto prima dalla nuova cultura della pianificazione, dell’offerta formativa, delle sigle ridicole, della burocrazia kafkiana e della perdita di tempo istituzionalizzata; l’università sta subendo questa aggressione solo adesso (senza, peraltro, aver imparato niente da quello che è successo alla scuola). Ma all’università c’è comunque una maggiore autonomia del docente, che se ha già fatto carriera, o se rinuncia a farla, può difendersi meglio dall’immensa mole di perdite di tempo e frustrazioni che schiaccia gli insegnanti.


Burnout. Il Garante per l’Infanzia della Regione Calabria, dott. Antonio Marziale, ritiene che il supporto psicologico nella scuola possa apportare seri e concreti benefici per i docenti. E’ d’accordo? Come crede che si debba intervenire?

Io non ho nessuna idea su come si possa fare per combattere il fenomeno del burnout. O meglio, so benissimo che verrebbe ridotto drasticamente se gli insegnanti fossero assunti regolarmente, pagati bene e lasciati lavorare in pace; siccome queste appaiono oggi condizioni da favola, del tutto irrealizzabili, e fare l’insegnante non è più soltanto uno dei lavori più faticosi del mondo, come è sempre stato, ma anche uno dei più frustranti (cosa che non era fino a vent’anni fa) il dilagare del burnout è inevitabile. Prenderne atto sarebbe già molto.


Se potesse dare un consiglio alla classe docente di oggi, cosa indicherebbe? Cominciare a combattere apertamente tutto ciò che in cuor loro riconoscono come offensivo, inutile, frustrante, senza avere il coraggio di dirlo. Non compilare le scartoffie superflue, non andare alle riunioni che fanno perdere tempo, togliere il saluto a chi parla di meritocrazia, isolare nel disprezzo i dirigenti scolastici che si prestano alla distruzione della scuola e all’umiliazione degli insegnanti; e queste cose dirle e spiegarle ai ragazzi e alle loro famiglie. E’ una battaglia e le battaglie si rischia di perderle, ma quando è il momento bisogna comunque combatterle – o arrendersi.

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