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Io l'8 tutto l'anno

  • Immagine del redattore: Il Foglio di Villa Greppi
    Il Foglio di Villa Greppi
  • 8 mar
  • Tempo di lettura: 3 min

di Claudia Molteni Ryan

Oggi è l’8 marzo, Festa Internazionale della Donna.

Una donna che, nella storia, è sempre stata in secondo piano (i libri di storia, storia dell’arte, filosofia, …, sono pieni di nomi maschili). Una donna che, spesso, non ha avuto diritti, e che ancora oggi in molto Paesi non ne ha nessuno, come in Afghanistan, dove ora le donne non possono più andare neppure in un parco a passeggiare, o in palestra ad allenarsi e non possono parlare in pubblico.

Ma le donne sono la metà del mondo, e cercare di annullare la loro esistenza, o indebolire il loro ruolo, significa, per una società, cancellare la metà delle sue potenzialità.

Noi donne occidentali abbiamo iniziato a cambiare il nostro ruolo nella società con le suffragette, che chiedevano il diritto di voto, ma il vero scossone, quello che smosso il mondo, è stato negli anni ’60 e ’70 con il Movimento di liberazione della donna, le femministe. È grazie alle loro manifestazioni, al loro coraggio e agli ideali che portavano, in cui credevano fermamente, se oggi le donne sono più libere, per lo meno da un punto di vista di riconoscimento da parte della società e della legge. Sì, perché in privato a volte le cose stanno ancora diversamente: ci sono ancora donne che non escono con le amiche perché il compagno/marito non vuole, che non portano delle scollature negli abiti per la stessa ragione anche se a loro piacerebbe, che subiscono la violenza del partner, e l’elenco potrebbe essere lungo.

Chi è giovane forse non sa che tante cose sono cambiate dal tempo delle proteste femministe, a partire dal diritto di famiglia, che nel 1975 è stato riformato dando pari importanza a entrambi i coniugi, è stato abolito il delitto d’onore, il matrimonio riparatore, lo stupro giudicato come offesa alla morale pubblica e non alla persona, e, ultimamente, è stata varata la legge per cui il femminicidio può essere punito con l’ergastolo.

Ma, care donne, non pensiate che la via di fronte a noi sia ora rettilinea e senza buche. È ancora una strada accidentata, piena di curve e di possibili pericoli. Insomma, non si può abbassare la guardia e la lotta per i nostri diritti deve continuare, o quelli acquisiti potrebbero essere aboliti. Come negli Stati Uniti, dove in alcuni Stati hanno cancellato il diritto all’aborto.

Anche in Italia ci sono ancora molte cose per cui lottare: nel privato la donna è normalmente pagata meno di un uomo malgrado svolgano lo stesso lavoro (e la domanda sorge spontanea: perché?), il 18% delle donne non ha un suo conto corrente privato (e la parità passa anche attraverso il conto in banca), quando una donna laureata con un profilo professionale alto cerca lavoro, spesso viene scartata a favore di uomo, che magari non ha un profilo professionale altrettanto alto ma è un uomo, e come tale, nel caso di arrivo di figli, non starà a casa per curarli, perché di solito lo fa la mamma.

Inoltre, stiamo vivendo un periodo storico di recessione, e quando questo accade le prime a perdere i diritti acquisiti sono le donne. Quando c’è la recessione molte persone, invece di trovare soluzioni intelligenti, si rifugiano nel passato, come se fosse possibile tornare indietro e, comunque, il passato sia per forza migliore. Molti oggi auspicano il ritorno della famiglia tradizionale, non considerando che, spesso, era un luogo asfittico per la donna che viveva in subordine all’uomo, e che, in ogni caso, oggi sarebbe anacronistica, visto che i tempi sono cambiati da tutti i punti di vista. Famiglia sì, ma vista in modo moderno.

Care donne, non dobbiamo abbassare la guardia, mai. La lotta non è terminata, continua tutti i giorni contro piccoli e grandi soprusi. E se i soprusi li accettiamo, offendiamo tutte le donne che hanno lottato per noi e non possiamo più lamentarci se questi accadono. Mantenete gli ideali alti, non accontentatevi, siate coraggiose, anche quando i tempi si fanno difficili.


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