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  • Immagine del redattoreIl Foglio di Villa Greppi

“Io ho una mamma e un papà” “Io ho una mamma e una mamma”

di Alessandro Marceca


“Io sono Luca e ho 10 anni.” “Io sono Marta e ho 7 anni.”

“Io ho una mamma e un papà.” “Io ho una mamma e una mamma.” […]

“Io sono cittadino italiano come i miei genitori.” “Anche io sono cittadina italiana, come i miei genitori. Anzi no, per lo Stato Italiano non sono più tutte e due i miei genitori. Solo una lo è. Da qualche giorno una non vale più, deve essere stata squalificata, credo".

Il 19 marzo a “Che Tempo Che Fa” la comica torinese Luciana Littizzetto ha recitato un toccante monologo tramite il quale dà voce a questi due “bambini tipo”: Luca, figlio di una coppia eterosessuale e Marta, figlia di una coppia omogenitoriale. Entrambi sono bambini felici, che vivono la loro quotidianità in una famiglia amorevole; ma dal 15 marzo solo uno per lo stato italiano ha due genitori, mentre l’altra si ritrova con una madre che per lo Stato non esiste più, insomma una specie di fantasma.

Questo perché dopo il pressing del ministro degli interni Piantedoesi è stata diramata una circolare che impedisce ai sindaci dei comuni di registrare i figli nati da coppie omogenitoriali, pratica che alcuni sindaci come Beppe Sala, primo cittadino di Milano, portavano avanti ormai da tempo. Questo grazie alla mancanza di normative specifiche che lasciavano giurisdizione ai singoli comuni i quali potevano decidere come muoversi trovandosi in una “zona grigia” dell’ordinamento giuridico.

A questo fatto si aggiunge poi la bocciatura in Senato della proposta del discusso “Certificato europeo di figliazione”. L’obbiettivo di questa proposta è quello di consentire a bambine e bambini di circolare liberamente nell’Unione, esercitando in pieno i diritti che derivano dalla cittadinanza europea, venendo riconosciuti ovunque come figlie e figli dei loro genitori.

Sulla necessità di norme in merito si erano già espresse sia la massima autorità giuridica italiana, la Corte Costituzionale, sia europea, la Corte di Giustizia.

La Corte Costituzionale con le sentenze n. 32 e n. 33, dove riconosce un vuoto normativo e invita il legislatore a normare l’omogenitorialità ritenendo doveroso il suo intervento per garantire strumenti di tutela adeguati allo status dei nati.

La Corte di Giustizia invece afferma che lo Stato membro di destinazione non può negare il riconoscimento allo stato di figlio di coppia omogenitoriale costituito in un altro Stato membro, nemmeno se al proprio interno non disciplina l’omogenitoralità.

Questi provvedimenti sono subito finiti al centro dell’attenzione mediatica portando domenica 19 in “Piazza della Scala” circa 10.000 persone, tra associazioni lgbt, esponenti politici e semplici cittadini.

Pare evidente, quindi, che riguardo questo argomento sia la società ad essere alfiere del cambiamento, non la politica; idea che possiamo confermare guardando ai dati del sondaggio di Pagnoncelli, dove il 47% degli Italiani è favorevole alle adozioni per coppie omogenitoriali contro un 32% contrario.

Durante la settimana il dibattito è poi stato spostato sulla gpa (gestazione per altri), anche conosciuta come “utero in affitto”, pratica che trova invece l’opinione pubblica molto più divisa. Una maggioranza degli Italiani (40,3%) si dichiara contraria a questa pratica; chiedendo però se sia giusto registrare i figli nati tramite gpa in Paesi in cui essa è consentita, la maggioranza torna ad essere favorevole (45%).

È importante sottolineare che in nessun momento è stata avanzata una proposta che favorirebbe il ricorso alla gpa. Pare quindi sempre più evidente che, come spesso succede quando si parla di politica, che il tema sia diventato oggetto di strumentalizzazione, ma è particolarmente grave perché quelli che ne subiscono le conseguenze sono bambini e bambine.

Il nostro Paese si trova quindi alle prese con la necessità di creare norme per quei bambini che già vivono e camminano per le nostre città, così da assicurargli il diritto ad aver riconosciuti entrambi i genitori e così facendo garantendo loro gli stessi diritti e doveri che ogni genitore possiede (pensiamo per esempio al pagamento degli alimenti in caso di separazione o la possibilità di poter ritirare il figlio da scuola senza delega).

Questo è uno di quei casi in cui la politica ha ricadute concrete ed immediate sulla vita delle persone, motivo per il quale questo non è un tema che un giorno semplicemente sparirà dal tavolo del dibattito pubblico. Finché ne avranno la forza, queste famiglie continueranno a bussare alle porte del Parlamento per vedere affermata una semplice realtà: “siete una famiglia”. Realtà con la quale prima o poi, volente o nolente, il governo dovrà fare i conti.

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