Per capire la realtà del mondo contemporaneo partirò dall'immagine che rappresenta la schermata di una conversazione di un gruppo WhatsApp: è un gruppo di studenti della facoltà di Design del Politecnico di Milano e hanno lavorato insieme per creare un progetto per l’area di Niguarda chiamato T-Ospito, progetto che è stato premiato in ambito europeo e perciò ora avrà un seguito. Il team è formato da studenti provenienti da diverse parti del mondo che al momento dell’elaborazione dell’idea erano a Milano, ma ora, chi perché è tornato a casa, chi perché è via dall'Italia per studio, sono in luoghi diversi; la conversazione dice: “Il video è fatto – per favore decidiamo un momento in cui domani possiamo avere una conversazione insieme tramite Skype per 10 minuti?” “Mattino in Canada, pomeriggio in Italia e sera in Cina. Abbiamo altri Paesi con cui relazionarci?” Questo è già il presente, ma sarà sempre di più il nostro futuro. Sono partita da questo esempio semplice e concreto per evidenziare come oramai i confini sono sempre più labili e i giovani che hanno studiato sono abituati a lavorare e rapportarsi con realtà internazionali. Il mondo cambia, come è sempre stato e come è giusto che sia.
In epoca medioevale, periodo in cui si sono formati i linguaggi europei e le nazioni (considerate come grandi ambiti culturali), le persone conoscevano il loro villaggio e quelli vicini, il loro mondo finiva lì. C’erano i feudi che si combattevano l’un l’altro per accaparrarsi più terre e diventare più potenti. Era una realtà estremamente parcellizzata. Poco alla volta, grazie agli scambi commerciali, il mondo ha allargato i suoi confini: le persone non si spostavano molto, ma arrivavano stoffe e altri oggetti dall’oriente, sentivano i mercanti parlare di terre lontane, si andava in pellegrinaggio a Santiago di Compostela, a Roma o in Terra Santa, e ci si rendeva conto che la realtà era più ampia di quella in cui si viveva. Lo straniero è comunque sempre stato percepito, dalle persone più semplici, come una minaccia, qualcuno che non si sa come la pensa o agisca e perciò da tenere lontano, anche se poi, magari, era il vicino di casa che rubava o stuprava. Esattamente come i feudi si facevano la guerra per diventare più potenti, così hanno fatto poi i Paesi europei quando le diverse nazioni hanno incominciato ad avere dei sovrani. Non voglio fare qui un lungo excursus storico, ma in Europa ci siamo fatti molto del male fino alla Seconda Guerra mondiale, apogeo della violenza sistematica e organizzata.
La pace è arrivata con l’Unione europea.
Per i giovani di oggi non ha senso parlare di Italia come nazione a sé stante, di Francia, Spagna o Germania come singole entità divise, per i giovani esiste l’Europa, senza confini, Europa come punto di riferimento. Lo è anche per me, che ho vissuto anche quando bisognava superare i confini, quando all'estero non valeva la Sanità pubblica italiana, quando bisognava cambiare moneta ogni volta che si andava in un’altra nazione. Ora mi sembra anacronistico cambiare i franchi quando vado in Svizzera! Come dicevo, il mondo cambia, come è sempre stato e come è giusto che sia, e non ha senso voler tornare indietro, perché non funziona e ci si farebbe solo del male. La storia insegna che, a partire dal villaggio neolitico, la realtà è diventata sempre più ampia, gli orizzonti sono divenuti sempre più estesi, e chi ha paura del nuovo ha paura di vivere.
Giudico del tutto superati e inopportuni i partiti che parlano di sovranismo: chiudersi al mondo esterno, erigere muri, sparare contro allo straniero che “a prescindere” è considerato un nemico, quali benefici può avere? In realtà sono partiti che non considerano davvero il bene della nazione, non hanno una politica lungimirante, ma cavalcano solo le paure della gente di fronte al nuovo che avanza, e, con slogan semplici ed immediati, danno soluzioni apparentemente rassicuranti per far crescere il loro potere personale. Sono patetici, ma hanno successo. Brexit dovrebbe essere un buon monito: molti hanno votato a favore dell’uscita dall'Europa senza davvero informarsi, senza riflettere su cosa poteva succedere, fidandosi solo di slogan che denigravano l’Europa, ed ora, con la loro scelta, stanno stroncando il futuro dei loro giovani che vorrebbero vivere in un’Europa unita.
L’Europa diventerà davvero grande quando le diverse nazioni che ne fanno parte inizieranno a collaborare seriamente, quando non remeranno contro accusando il parlamento europeo di tutti i mali, quando saranno capaci di valorizzarsi l’un l’altra senza criticarsi in continuazione. I diversi Paesi europei hanno “caratteri” diversi, predisposizioni naturali che se entrassero in sinergia potrebbero fare grandi cose e, nello stesso tempo, in Europa abbiamo una solida base culturale comune che ci unisce tutti. L’Europa, per diventare una vera potenza mondiale, non può essere la somma di tanti paesi egoisti e sovranisti, non funzionerebbe, da ogni punto di vista, primo di tutti quello economico.
In maggio andremo a votare. Spero che vinceranno quei partiti progressisti che vogliono un’Europa sempre più unita e, nello stesso tempo, vogliono rimediare agli errori fatti e cambiare alcune caratteristiche che, con l’esperienza, si è visto che non funzionano. L’Europa è giovane, bisogna avere fiducia e dargli tempo, perché in un mondo globalizzato dove i confini si annullano anche grazie al web, non ha senso parlare di Italia senza parlare di UE (United Europe). Chiudo questo articolo con la motivazione che ha portato, nel 2012, l’assegnazione del Nobel all'Unione europea: “Per oltre sei decenni ha contribuito all'avanzamento della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa”.
articolo di Claudia Molteni Ryan già apparso su www.claudiaryan.net
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