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Immagine del redattoreIl Foglio di Villa Greppi

I giovani e l'abuso di armi bianche

di Alessandra Mauri


Che cosa sta succedendo? Cosa stiamo dimostrando? Ve lo siete domandati di recente?

Io si. E la risposta non mi è piaciuta.

Sui giornali e in televisione sono ormai mesi che si parla di un'ondata anomala di violenza insensata da parte dei giovani. Fragilità, noia e solitudine sono alcune delle possibili cause individuate. Si parla di un'emergenza che non riesce ad essere fermata, anzi continua a crescere e le armi bianche (tutti gli strumenti offensivi dotati di lama, in grado di ferire di punta o di taglio) stanno diventando il mezzo prescelto per manifestare questo senso di vuoto.

Un coltello o un paio di forbici: un'arma semplice, economica e devastante nelle mani di chi non è in grado di controllare rabbia e frustrazione. Chi gira senza un coltello in tasca è considerato un perdente e nemmeno l'inasprimento della pena è servito a qualche cosa.

Chi porta armi rischia fino a 4 anni di carcere eppure molti litigi continuano a finire a pugnalate. Ormai si uccide per niente e la situazione sta rapidamente peggiorando: una situazione inaccettabile.

Il report sulla “Criminalità minorile e gang giovanili” del Dipartimento pubblica sicurezza e Direzione centrale della polizia criminale ha evidenziato un aumento del 2% delle lesioni dolose (la principale spia dell’uso di coltelli) provocate da under 17 fra il 2022 e il 2023. Nel 2024 si sono moltiplicati gli episodi che hanno visto giovani e giovanissimi utilizzare armi bianche con una spregiudicatezza sconvolgente. Omicidi, aggressioni e risse: si armano per regolare conti, risolvere litigi o commettere rapine.

È  impressionante la rapidità con cui si passa dalle parole ai fatti, la facilità con cui si arriva a ferire un'altra persona: a Pescara, un diciottenne ha sferrato alcuni fendenti a un quindicenne dopo una lite per una ragazza; a Bologna un sedicenne è stato accoltellato al cuore in un parco, probabilmente al termine di una disputa legata a episodi di bullismo; a Paderno Dugnano un diciassettenne ha colpito a morte i genitori e il fratellino con 68 coltellate; a Roma un diciottenne ha accoltellato per strada, dopo averlo picchiato, un coetaneo con cui giorni prima aveva discusso; sempre a Roma una dodicenne ha accoltellato nel cortile della scuola un compagno di classe, accusato di aver fatto la spia con la professoressa; a Frosinone una banale lite tra studenti davanti ad un liceo è sfociata nell' accoltellamento di un sedicenne; una ragazza di 18 anni, è stata uccisa a coltellate  nel suo appartamento di Costa Volpino per mano di un coetaneo e conoscente senza un apparente motivo; a Rozzano un ragazzo è stato ucciso con una coltellata mentre tornava a casa dopo il lavoro, colpevole un diciannovenne che voleva le sue cuffie.

Famiglia e scuola vanno coinvolte allo scopo di capire come affrontare una situazione che sembra fuori controllo. C'è un insanabile e indiscutibile senso di smarrimento che colpisce i giovani, i quali, senza una un’adeguata guida, trovano nel possesso di un’arma un falso senso di potere e protezione, convinti che quella sia l’unica risposta alle difficoltà che vivono. La diffusione sui social media di video che esaltano la violenza e le risse di strada contribuisce purtroppo ad attribuire al coltello un simbolo di forza. Alcuni sono protagonisti attivi mentre altri hanno un ruolo passivo limitandosi a filmare e postare poi sui social quello che succede, ma in realtà sono tutti colpevoli.

L’Osservatorio nazionale sull’adolescenza ha rilevato che tre ragazzi su dieci hanno partecipato a una rissa e che il 6,5% dei minorenni italiani fanno parte di una banda, mentre il 16% ha commesso atti vandalici. Queste notizie fanno pensare a scene da film o a una serie televisiva come Il trono di spade in cui "la spada è segno di un mondo in cui tutto è sottomesso alla sete di potere e alla violenza".

Dove sono finiti i valori della famiglia, dell'amicizia, il dialogo, la comprensione?

I neuroscienziati hanno scoperto che i comportamenti di solidarietà, beneficenza, empatia aumentano il livello della serotonina, l’ormone del benessere. Permettiamo quindi a chi ci vuole bene di aiutarci, esterniamo le nostre paure e le nostre fatiche. Non possiamo pretendere attenzione restando in silenzio. Convogliamo la rabbia nell'attività fisica, balliamo cantando a voce alta le nostre canzoni preferite, parliamo con i nostri genitori o con chiunque abbia tempo e voglia di ascoltarci. Non coltiviamo la nostra rabbia. È solo un terreno arido su cui non crescerà mai niente di buono. 

 

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