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  • Immagine del redattoreIl Foglio di Villa Greppi

Emanuela Orlandi: una storia misteriosa

di Elena Battista


Quello di Emanuela Orlandi è uno dei casi più oscuri e complicati della storia della Chiesa. Ma chi è questa ragazza? Emanuela è un’adolescente normalissima, che abita nella città del Vaticano con la famiglia. Ha appena finito il secondo anno di liceo scientifico e, il pomeriggio, frequenta una scuola di musica a Roma. È proprio qui che il 22 giugno del 1983, la ragazza decide di uscire dal conservatorio alle 18:45, cioè 10 minuti prima di quanto previsto. Va a una cabina telefonica, dove chiama la sorella e le dice che un uomo l’aveva fermata prima d’entrare a lezione, offrendole un lavoro di volantinaggio di cosmetici a una sfilata di moda e che l’avrebbe pagata 370mila lire. Emanuela, entusiasta di poter guadagnare così tanti soldi, considera l’offerta dell’uomo, ma la sorella rimane stranita dalla proposta e le dice di tornare a casa e di discuterne coi genitori. Dopo la telefonata Emanuela va alla fermata del pullman con due amiche, ma non salirà effettivamente sul bus perché “troppo pieno” assicurando che ne avrebbe aspettato uno più vuoto. Questo è l’ultimo contatto che amici e familiari hanno avuto con la ragazza.

Vedendo che Emanuela non torna, tutta la famiglia si preoccupa e il padre si dirige all’ispettorato di polizia del Vaticano per denunciarne la scomparsa, ma i poliziotti lo rassicurano affermando che probabilmente la figlia si trovava in giro con le amiche e si era dimenticata di avvisarli. Per questo motivo la denuncia della sparizione non verrà effettuata che dopo 24 ore.

Il giorno dopo tutta Roma è tappezzata di volantini con la faccia di Emanuela e un numero di telefono. Per giorni ricevono centinaia di segnalazioni, che però risultano fasulle, tra cui quella di due uomini, Pierluigi e Mario, che dicono di aver visto una ragazza, simile a Emanuela, vendere cosmetici. Ma quando gli viene chiesto di incontrarsi loro rifiutano categoricamente e spariscono. Nel frattempo la polizia chiama la ditta di cosmetici Avon, per cui l’uomo aveva affermato di lavorare, che però rispose di non aver mai assunto uomini, ma solo dipendenti donne e che quindi non c’entravano nulla con la faccenda.

Un altro fatto piuttosto strano è che in quei giorni il Papa fa un appello chiedendo a chiunque trattenga Emanuela di liberarla, parlando quindi di rapimento, senza che qualcuno ne avesse mai accennato.

Il 5 luglio i genitori ricevono una chiamata da un uomo con un accento inglese, per questo soprannominato l’americano, che afferma d’avere con sé la ragazza e di poterla liberare in cambio del rilasciamento di Ali Agca. Quest’ultimo era un terrorista che aveva attentato alla vita del papa e ucciso altre persone, e per questo motivo si trovava chiuso in carcere. L’americano, per provare alla famiglia di Emanuela d’averla rapita, fa sentire la sua voce mentre ripete per sei volte “Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II dovrei fare il terzo liceo st’altr’anno scientifico”. Il fratello è certo che sia la voce della sorella, e riceve una seconda chiamata dallo stesso uomo con un altro nastro in cui si sente una ragazza urlare e implorare aiuto. Questa volta, però, le autorità affermano che le grida solo tratte da una scena di un film e che pure quella nella prima chiamata si trattava della registrazione presa da un programma TV a cui Emanuela aveva partecipato un mese prima di scomparire. Successivamente saranno molte altre le organizzazioni a sfruttare la situazione proclamando d’aver rapito la ragazza e chiedendo un riscatto al Vaticano; si deciderà, allora, di archiviare l’indagine il 14 dicembre del 1997 per mancate piste da seguire, più di quindici anni dopo la scomparsa.

È solo nel 2005 che la storia torna a galla, quando durante una puntata del programma “Chi l’ha visto?” arriva una chiamata anonima in cui un uomo dice che per trovare Emanuela avrebbero dovuto cercare nella cripta della basilica di sant’Apollinare, ma di questa chiamata non se ne farà nulla.

Sarà solo dopo anni, con anche la testimonianza di Sabrina Mainardi, e cioè l’amante di Enrico de Pedis, soprannominato Renatino, che si riaprirà una pista. Renatino era il boss della banda della Magliana, l’organizzazione mafiosa più importante di Roma, e secondo la Mainardi, a rapire Emanuela era stata proprio questa banda su richiesta di Paul Marcinkus; arcivescovo e presidente della banca della IOR (banca vaticana). Due successivi pentiti della banda della Magliana, confermarono un rapporto tra la banca e la ‘ndrangheta, in cui Emanuela avrebbe fatto da merce di scambio per trattative d’affari. Marcinkus avrebbe, appunto, chiesto al suo autista di rapirla fuori dalla scuola di musica e l’identikit, fornito dalla polizia e gente che si trovava sul luogo, coinciderebbe col volto dell’uomo di Marcinkus.

Ritornando alla chiamata del programma “Chi l’ha visto?”, dopo ben 7 anni decidono di controllare e trovano il cadavere di de Pedis, ma di Emanuela ancora nessuna traccia. Questo ritrovamento amplifica il brutto intreccio tra Chiesa, mafia e Stato, perché era assolutamente inusuale che un boss mafioso fosse seppellito in un luogo sacro. L’inchiesta fu, comunque, archiviata per la seconda volta.

Abbiamo una svolta nel 2019, quando l’avvocato della famiglia Orlandi riceve una lettera anonima con la foto di una statua e la frase “dove indica l’angelo”. Ci si sta riferendo ad un cimitero teutonico nello Stato del Vaticano, dove effettivamente c’è un angelo rivolto verso due loculi. Questi vengono aperti, ma all’interno solo completamente vuoti, senza neppure le bare di chi doveva esser sepolto lì. Continuando a scavare si arriva a una lastra e successivamente a uno spazio vuoto con due botole dietro le quali vengono scoperte 26 sacche di ossa. Ancora una volta non si tratta delle ossa di Emanuela, e il Vaticano si rifiuta di analizzarle. L’indagine viene ancora una volta archiviata.

Sarà nel 2021 che Giancarlo Capaldo, ex titolare di quest’inchiesta, afferma d’avere importanti rivelazioni da fare: rivela di alcune trattative segrete tra lo Stato italiano e la Chiesa, in cui quest’ultima chiese di eliminare l’attenzione negativa della Stampa su di essa in cambio di nuove informazioni o un modo per trovare il corpo. Ovviamente la Chiesa non fece più sapere nulla.

Ad oggi rimangono ancora tante le domande aperte e il Vaticano, a quasi 40 anni dalla scomparsa, ha deciso, senza avvisare la famiglia Orlandi, di riaprire il caso per riesaminare i fascicoli e le prove. Sono tantissime le nuove testimonianze arrivate da fonti diverse: Ali Agca, ora 64enne e residente a Istanbul, ha inviato una lettera a Pietro Orlandi in cui afferma che “i rapimenti di Emanuela e di Gregori furono decisi dal Governo Vaticano ed eseguiti da uomini del Servizio segreto vaticano vicinissimi al Papa. La trattativa pubblica era una sceneggiata. Emanuela è stata presa in consegna da alcune suore fin dall’inizio”. Oppure un’amica della ragazza ha rivelato che una persona molto vicino al Papa l’avrebbe infastidita, dedicandole attenzioni sessuali.

Per far luce sul caso anche la politica italiana ha deciso di aprire una commissione parlamentare d’inchiesta; “il Vaticano sa più di quanto dice: uno Stato sovrano (Italia), nel cui territorio è avvenuto il rapimento di Emanuela Orlandi, deve farsi sentire e non stare passivamente alla versione che il Vaticano offre di questa vicenda” afferma Carlo Calenda.

Chissà se si scoprirà qualcosa di nuovo e quante altre incongruenze salteranno fuori.


Consiglio la visione del nuovo docufilm uscito su Netflix “Vatican Girl: la scomparsa di Emanuela Orlandi”

Il fratello di Emanuela Orlandi

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