di Letizia Sala
Le due figure forse più odiate dal senso comune, quelle del politico e dell’influencer, si sono fuse in una versione 2.0 per dare vita a un nuovo personaggio che occupa i nostri social: l’ibrido capo di partito-social media manager. Mettendo da parte gli ideali politici di chi scrive quest’articolo e di chi lo legge, si può oggettivamente notare come la politica sia subdolamente sbarcata sulle piattaforme digitali che usiamo quotidianamente. É un fenomeno avvenuto a livello globale, ne fanno parte Donald Trump, Boris Johnson e molti politici italiani, che cercano di mostrarsi al pubblico come uomini del popolo, avendo fatto di Instagram e Facebook il loro palcoscenico. Il che, a essere sinceri, fa un po’ paura se si pensa che spesso un normale cittadino non ha gli strumenti per accorgersi di essere nelle mani dei team che gestiscono la percezione delle figure politiche.
Il politico non comunica più, innanzitutto, la sua ideologia, bensì posta il suo selfie scattato con la figlia o con il cappellino di Babbo Natale. Tante volte il messaggio che si vuole mandare agli elettori viene nascosto tra un post che fa presa sul pubblico, come può essere l’immagine del proprio pranzo (per la categoria capo di partito-food blogger) e la foto di una piazza che il politico di turno è orgoglioso di aver riempito. Basta guardare quante fotografie di pizze vengono pubblicate in rete da questi nuovi influencer: avendo la pizza un tasso di italianità pari all’inno di Mameli, è molto facile per un politico fare presa su migliaia di cittadini mostrandosi amante della Margherita proprio come lo sono molti dei suoi possibili elettori.
A questo vanno aggiunti i molteplici casi di condivisioni di foto con parenti sfruttati per i like: Renzi con le sue nonne, la Meloni con la figlia e Di Maio con l’intera famiglia presente al cenone di Natale. Ma non finisce qui: ai contenuti che spesso intasano la nostra home sui social media si aggiungono condivisioni di titoli di articoli, estratti dalle partecipazioni al talk show della sera precedente e i selfie scattati da angolazioni altamente discutibili. Insomma, i profili social dei politici sono oggi un marasma di immagini e messaggi che, però, sembrano funzionare.
La distanza tra noi e i leader dei partiti non esiste più, grazie anche al fatto che essi si raccontano come se fossero i nostri vicini di casa. Questo è lo stesso motivo per cui Berlusconi realizzò un intero shooting fotografico con un agnellino durante il periodo pasquale (diventando, però, preda di ricondivisioni e meme) e Salvini si è mostrato fan del programma “Amici” di Maria de Filippi (trascurando il fatto che aveva appena chiuso un porto).
Con Instagram la politica è diventata istantanea: l’ideale di Salvini viene racchiuso nell’emoticon del tricolore, quello delle Sardine nell’emoji di un pesciolino. L’uso che i politici fanno dei network è una parte determinante della loro campagna politica. Può essere giusto il fatto che si aggiornino e seguano il filone delle nuove tendenze. Il problema nasce, però, quando noi riceviamo passivamente ciò che team comunicativi come quello della Bestia salviniana vogliono farci recepire.
La politica un tempo era una cosa limitata a quando andava in onda il telegiornale o venivano trasmesse le “tribune politiche” in vista delle elezioni, oggi invece è costantemente nelle vite delle persone.
Postando storie che fanno presa su di noi, il leader si avvicina al nostro lato umano e se ne impossessa, ottenendo, di conseguenza, il nostro consenso: per esempio, postare foto del politico mentre beve un caffè di sicuro non passa inosservato agli occhi di un barista (oltre che a quelli di Barbara D’Urso). E più strutturata è la campagna politica condotta sui social, più alto sembra essere il tasso di apprezzamento che il politico riscontra durante eventuali elezioni. Il caso più evidente è La Bestia di Salvini, un team composto da circa una quarantina di professionisti il cui scopo è fare di Salvini il condottiero delle figure politiche italiane. Uno dei più controversi scivoloni commessi è avvenuto qualche mese fa, quando il politico ha dichiarato di aver dato un taglio alla Nutella perché l’azienda Ferrero preferiva l’utilizzo di nocciole turche piuttosto che italiane (#primalenoccioleitaliane). Ed ecco che subito Renzi ha ribattuto con un’idolatria verso la Nutella e i Nutella Biscuits (dimostrazione pratica del “se il tuo amico -o nemico, in questo caso- si butta da un ponte, ti butti anche tu?”). La risposta dei due Mattei è stata, purtroppo, un sì: nell’arco di una giornata, dunque, due delle figure più influenti del panorama politico italiano si sono concentrate sul ricevere consensi tramite una crema spalmabile piuttosto che per mezzo di ideologie e discorsi concreti. Perché è così che sembra funzionare ora la politica: prima il leader e poi l’idea, prima il follower e poi l’elettore, prima il corteggiamento via social media e poi il voto.
In questo modo si scivola sui veri problemi di un Paese, si deconcentra l’elettorato focalizzando l’attenzione su banali frivolezze di secondaria importanza invece che su un’analisi seria delle problematiche da affrontare, e i politici, invece di pensare di costruire un futuro con lungimiranza, pensano a quanti like prenderanno il giorno successivo.
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