di Alessandro Marceca
C’è chi lo definisce uno strumento di tortura e chi la nostra arma migliore contro la criminalità organizzata, chi vorrebbe eliminarlo e chi non vorrebbe neanche toccarlo. Stiamo parlando del 41 bis o carcere duro, al centro del dibattito politico odierno a causa del caso Cospito, anarchico detenuto con il 41 bis, in sciopero della fame da ormai più di 100 giorni con lo scopo di ottenere la revoca del carcere duro.
Tra le visioni estreme delle varie parti interessate, la prof.ssa Carmela Pontrelli, che oltre ad essere un’insegnante del Greppi è anche avvocato, ci ha offerto la sua visione sulla questione, che incita a ponderare con attenzione i fatti, senza lasciarci influenzare troppo dagli occhi dei media, che tendono a dipingere tutto bianco e nero senza spazio per alcuna tonalità di mezzo, che invece è spesso dove risiedono le questioni più complesse.
La professoressa ha aperto dicendo che questo “non è un articolo che si può abrogare così facilmente, perché le esigenze alla base del 41 bis sono reali.”
Quali sono queste esigenze? Per capirlo dobbiamo guardare alla storia del 41bis, introdotto nel 1986 e poi modificato a più riprese, fatto nascere per contrastare le stragi di mafia isolando i boss.
“Il 41 bis sicuramente nei confronti dei reati di mafia è legittimo, nel momento in cui il mafioso in libertà o in una situazione carceraria normale possa costituire ancora un pericolo per la collettività. Tra l’altro si guarda solo all’aspetto negativo del 41 bis, ma la normativa prevede delle vie di fuga per queste persone tra cui la collaborazione con la giustizia.”
Ci sorge quindi spontaneo chiederci: Cospito si è pentito? Ha collaborato con la giustizia?
Molti oppositori del 41 bis si appoggiano ad articoli della Costituzione come il 13, che condanna “ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà” (art. 13.4); o il 27 che recita “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” (art. 27.3).
A questo la professoressa risponde sottolineando che “il nostro sistema prevede il garante nazionale per i detenuti che verifica che i detenuti ricevano trattamenti umani”.
Affermando che “possiamo essere d’accordo che il 41 bis non sia una forma detentiva ottimale, però è pur vero che la libertà di ognuno termina dove inizia quella dell’altro. Se per garantire tutti i diritti a una persona che comunque si è macchiata di delitti gravi dobbiamo mettere in pericolo la collettività, a quel punto la sua libertà necessariamente viene limitata”.
Parlando poi del caso che ha sollevato in primo luogo il dibattito sul 41 bis, quello dell’anarchico Alfredo Cospito, condannato per aver gambizzato Adinolfi e poi in seguito per un attentato con degli ordigni esplosivi alla Caserma di Fossano, per fortuna mai andato a buon fine, la professoressa si esprime così: “Strumentalizza e si fa vittima del sistema quando la vera vittima non è lui. Supponiamo la strage di Cospito fosse andata a buon fine e fossero morti 3, 4, 5, 10 carabinieri che cosa si penserebbe? Che sarebbe giusta la richiesta di Cospito solo perché fa lo sciopero della fame?”
E ancora: “Quello che noto è un’eccessiva vittimizzazione di questi detenuti, sicuramente ci sono gli strumenti per garantire i detenuti quindi c’è chi controlla che non ci siano situazioni di tortura all’interno delle carceri. È ovvio, la garanzia che i diritti umani non siano mai violati non ce la dà nessuno.”
La domanda rimane sempre quella quindi: il 41 bis andrebbe abolito o no? Dovremmo schierarci contro qualunque violazione dei diritti umani anche se a discapito della sicurezza pubblica? O dovremmo invece sottolineare l'indispensabilità di questo provvedimento nella lotta contro il crimine organizzato?
A queste domande la professoressa risponde con una visione moderata che lascia spazio al dibattito, afferma infatti: “Mi auguro che il 41 bis non venga revocato purché sicuramente c’è una forte limitazione della libertà; forse andrebbe corretto non eliminato, limitando nel tempo il numero delle proroghe (Cospito sono già dieci anni che si trova al 41 bis). Un cittadino vedendo con gli occhi dei giornalisti e dei media ha una visione un po’ distorta della realtà, però la legge non è così imperfetta come la si descrive.”
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