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Immagine del redattoreIl Foglio di Villa Greppi

“In nome della donna…” l’inno dell’iraniana Roya

di Hiba Founoun

 

La commissione delle donne del Consiglio Nazionale della Resistenza dell'Iran (NCRI), coalizione politica iraniana con sede in Francia e in Albania che mira alla totale caduta della Repubblica islamica dell'Iran, ha condannato l’atrocità e la disumanità delle punizioni inflitte dalla polizia morale nei confronti di migliaia di donne iraniane negli ultimi mesi. Roya Heshmati, attivista trentatreenne curda, è una delle tante donne che ha conosciuto la crudeltà della polizia morale. La donna è stata accusata di non aver indossato il hijab obbligatorio nei spazi pubblici e di aver pubblicato una fotografia a capo scoperto tra le strade del Keshavarz Boulevard a Teheran.

La polizia morale iraniana arrestò Roya la notte del 20 aprile scorso e subito dopo confiscò i suoi dispositivi elettronici. Il legale di Roya, Mazyar Tataei, dichiarò che la donna era stata inizialmente condannata a 13 anni e nove mesi di reclusione, un’ammenda di 12.500.000 rial e 74 frustrate. Successivamente, dopo una revisione del verdetto, la Corte d’appello della provincia di Teheran procedette con l’annullamento della pena detentiva ma con la convalida della pena pecuniaria e di quella corporale.

Roya Heshmati, il 3 gennaio 2023, giorno della spietata punizione fisica, una volta varcata la soglia dell’unità di polizia, decise di scoprirsi il capo in segno di protesta. I funzionari di polizia continuarono  ad ammonire la donna di indossare il velo per evitare problemi, ma Roya ribadì che era venuta apposta per le frustate e che non avrebbe ceduto. Subito dopo venne l’ufficiale di polizia, il quale la minacciò, se si non si fosse coperta il capo, di aumentare il numero di frustate, ma Roya sarebbe stata disposta a subirle pur di esprimere il suo disaccordo. La donna dopo essere stata ammanettata fu portata in una stanza, che descrisse come “una camera di tortura medievale completamente attrezzata”. Roya Heshmati è stata colpita ripetutamente senza pietà sulle spalle, sulla schiena, sui fianchi e sulle gambe, mentre cantava dentro a sé: “In nome della donna, in nome della vita, i vestiti della schiavitù sono strappati, la nostra notte nera lascerà il posto all’alba e tutte le fruste saranno tagliate…”. Il coraggio di questa donna dovrebbe farci riflettere: cosa si è disposti a fare pur di avere la libertà? Libertà che per noi sembra una cosa scontata.

Le donne iraniane continuano a lottare contro un governo che continua a commettere crimini di diritto internazionale umanitario giorno dopo giorno. Un regime totalitario teocratico, quello iraniano, che pretende di giustificare la propria violenza e fanatismo con la cosiddetta parola di Dio, strumentalizzandola al fine di legittimare le continue torture, gli ingiusti abusi e le violenti condanne.

Una cosa è certa, in Iran la forza di chiunque continui ad opporsi ai principi immorali e disumani del Paese, permetterà un giorno a tutte le donne di conoscere la vera libertà, di camminare tra le strade di Teheran, mano per la mano, cantando l’inno di Roya, velate o svelate non importa, ma libere.  

 

Il FOGLIO DI VILLAGREPPI ha trattato già precedentemente la condizione delle donne in Iran nei seguenti articoli:

 

 

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