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  • Immagine del redattoreIl Foglio di Villa Greppi

“HO L’ANSIA”

di Letizia Sala


Non è un caso che questa breve frase vi suoni familiare: è ormai appurato che gli studenti italiani sono tra i più ansiosi e stressati al mondo. Il nostro ritratto ci figura come prede non solo dell’ansia scolastica, ma anche di quella sociale. Insomma, indipendentemente dalle mura, che siano di casa o di scuola, non ci sentiamo totalmente conformi all'ambiente circostante. Tutto lo stress accumulato sulle nostre spalle durante la carriera scolastica ha fatto sì che i dati raccolti in base all'esperienza della nostra generazione riportassero uno spaventoso aumento dei livelli di ansia e preoccupazione.

In quanto studenti, non è difficile pensare che la causa primaria di tali stati d’animo vada ricercata entro lo spazio dove passiamo buona parte delle nostre giornate: l’aula scolastica. Le statistiche dimostrano, infatti, che in una classe formata da 30 ragazzi, dai 15 ai 20 soffrono o hanno sofferto in passato di disturbi legati all'ansia. Di sicuro la paura del fallimento, la troppa esigenza da parte di figure fondamentali come professori e genitori e la sensazione di paura al solo pensiero di cosa riserverà per noi il futuro non concorrono a nostro vantaggio.


È evidente come lo cercare di stare al passo con un mondo in continua evoluzione, provoca su di noi, non più bambini ma nemmeno già adulti, una pressione talvolta difficile da tollerare. Abbiamo voglia di essere adulti ma il pensiero ci spaventa, magari perché ci ricordiamo che la sera precedente durante un TG i genitori continuavano a commentare il servizio sull’INPS accennando un movimento della testa verso di noi e ammettendo che il futuro, per i giovani, sarà proprio un bel casino.

Il nostro sistema di educazione spesso si focalizza più sui voti che su altri fattori come metodo di apprendimento, impegno ed eventuali difficoltà. E dopo anni e anni passati a ricevere voti su voti, è difficile distogliersi dall'idea che un numero ci definisca. Una parte di noi sa di essere più di un mero 6 o di un discreto 7, ma l’altra, quella che più ha avvertito le ore passate chini sulla scrivania a studiare, si sente giudicata e attaccata. Da questo nascono, quindi, il perfezionismo e l’ansia da prestazione, che altro non sono che la risposta a un sistema che ci è stato inculcato sin dai primi anni di età.

Chi di voi ha imparato che i mitocondri sono la centrale energetica della cellula per puro interesse? E chi di voi l’ha imparato perché aveva la verifica o l’interrogazione? Ecco, è proprio questo il punto. Anche se, per la verità, se non ci fosse la spinta di una valutazione quanti si metterebbero a studiare per il solo piacere di farlo? Il classico “gatto che si mangia la coda” di non facile soluzione.


Tornando allo stress, va detto, però, che anche noi non ci facilitiamo le cose. Passiamo ore e ore a studiare per poi prendere una pausa di distrazione su Instagram. Non ci rendiamo conto, però, di passare da una fonte di stress all'altra.

Non è solo come i boomer credono, ovvero che tramite i social media avvengono, per esempio, atti di cyberbullismo. Certo, anche quel fattore contribuisce esponenzialmente al disagio generale dovuto ai network, ma anche il semplice mi piace o la visualizzazione di una storia, hanno su di noi un potere enorme, addirittura senza che ce ne accorgiamo. Come i voti ci giudicano, così lo fanno le persone che guardano le nostre stories o mettono like ai nostri post. Nonostante la sensazione di essere invincibili, siamo ancora molto fragili, e vederci quantificati in un numero che esprime il nostro studio, il nostro tasso di interesse nei confronti altrui o la nostra bellezza estetica non aiuta affatto. Purtroppo o per fortuna Instagram non è la scuola, e come il primo ha tolto l’opzione di vedere la cifra dei mi piace ricevuti, la seconda non smetterà di usare un sistema decimale.


Purtroppo, quando il problema riguarda la soggettività dell’individuo, la risposta è difficile da trovare. Se gli studenti affetti da ansia e stress fossero un paio per classe nessuno lo noterebbe, è bene, però, chiedersi quanto il problema emergente di un’intera generazione e di un intero Paese possa essere solo soggettivo. E sarebbe altrettanto apprezzabile trovare delle risposte di conseguenza.

Intanto, però, noi stessi dovremmo cercare di trovare delle strategie che possano aiutarci a vivere in modo più rilassato e saper affrontare la quotidianità scolastica più serenamente.


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