di Gabrilele Piazzi
Martedì 10 novembre, la sezione Informagiovani di Lecco ha tenuto un incontro, tramite la piattaforma Microsoft Teams, intitolato “Giovani e Covid”. In questa sede la Prof.ssa Semira Tagliabue, insegnante all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia, e Michel Zambelli, dottoranda in psicologia nella sezione milanese dell’Università, hanno presentato i primi risultati del loro studio sull’impatto della pandemia sul benessere dei giovani.
Il progetto è stato diviso in tre fasi: la prima ha studiato gli effetti durante il lockdown di questa primavera e la riapertura estiva; la seconda si è soffermata sul periodo da settembre-ottobre 2020; la terza verrà osservata nell’anniversario della pandemia a febbraio 2021. Come campione per questa ricerca sono stati presi 330 giovani-adulti tra i 18 e i 35 anni provenienti da tutte le province della Lombardia.
La pandemia ha avuto conseguenze diverse. Per osservarle al meglio, l’intervista dei candidati è stata divisa in due: la prima parte dove si esamina la situazione economico-sociale: lavoro, studi, situazione famigliare ecc. La seconda sezione mette in luce come si è arrivati all’obiettivo della ricerca, ossia scoprire l’impatto della pandemia sul benessere dei soggetti e di come questo è cambiato durante questo periodo della vita.
Prima di passare ai risultati della prima sezione bisogna specificare che alcuni effetti sono considerati indiretti, ossia non dipendenti direttamente dagli effetti del virus , come l’aumento di stress, ansia, incertezza, frustrazione e di casi di depressione. Le conseguenze dirette si proiettano, invece, sul “Big Five” della vita dei giovani; i “Big Five” sono i 5 passi più importanti nella crescita dell’individuo: il termine dell’iter di istruzione, l’ingresso nel mondo del lavoro, l’uscita dal nucleo famigliare, il matrimonio e la genitorialità.
Questo percorso, che in media si conclude in 40 anni, ha subito un prolungamento dovuto agli effetti della pandemia sull’economia, ad esempio, il posticipo di lauree e matrimoni, il calo delle nascite, l’aumento della disoccupazione e il rientro nelle famiglie d’origine. Riguardo questi dati, nel campione osservato: il 67% vive con la famiglia, di cui il 34% è rientrato a causa della chiusura primaverile, il resto si divide abbastanza equamente tra chi vive in coppia, chi con coinquilini e chi solo. Chi lavora costituisce il 40% dei giovani-adulti intervistati; durante il lockdown circa il 50% ha lavorato in smart-working, la restante parte ha affrontato chiusure parziale o cassa integrazione e l’1% si è trovato senza lavoro o con la propria attività chiusa completamente.
Nella seconda parte si è studiato l’impatto del Covid sui giovani e di come pensano di averci interagito. il 24% sostiene di aver contratto il virus, dei quali il 62% dice prima del lockdown, il 32% durante e solo il 5% dopo. Sull’intero campione il 23% ha fatto il test sierologico, la maggior parte a causa di una richiesta del datore di lavoro, e meno del 15% ha effettuato il tampone. Come si è detto i candidati provengono da tutte le province lombarde, quindi nella prima ondata sono entrati a contatto in maniera diversa con il virus; la maggioranza, il 61%, arriva da una provincia che era zona rossa. Il 30% dell’intero gruppo ha avuto almeno un parente infetto e il 10% ha perso un congiunto a causa della malattia.
Alla luce di questi dati, all’inizio di settembre si è chiesto di fare una previsione sull’imminente futuro: il 70% degli intervistati prevedeva l’aumento. Dopodiché si è chiesto quale fosse la preoccupazione maggiore tra prendere il virus, contagiare gli altri e contagiare la propria famiglia; le risposte predominanti sono state la seconda e la terza, con un rapporto di 3,5 su 5 intervistati.
La presentazione si è poi incentrata sull’effettivo percepimento del benessere, al fine di raggiungere l’obiettivo prefissato. I parametri analizzati sono stati due: i bisogni psicologici di base e la PTG (Post Traumatic-Growth), la crescita post-traumatica. I bisogni psicologici di base sono 4:
· Bisogno di competenza: la necessità di sapere e di sentirsi capaci di fare qualcosa
· Bisogno di relazione: dover vedere e intraprendere relazioni con altre persone (amici, fidanzati, estranei ecc.)
· Bisogno di beneficenza: la necessità di poter fare del bene agli altri
· Bisogno di autonomia: la capacità di sapersela cavare autonomamente, senza l’ausilio di guide.
La modifica di questi parametri influisce con un PTG positivo o meno. Secondo i dati raccolti finora non c’è stata una perdita così evidente nella percezione del benessere, difatti si è circa ad un livello 5 su 7, dove 7 è il massimo, quindi un livello buono. Il risultato che è stato maggiormente messo in luce è un aumento della frustrazione dei bisogni durante il lockdown, ossia un’incapacità di soddisfarli.
Al fine di poter contrastare questa perdita l’essere umano applica delle tattiche di coping, ossia delle strategie per combattere il lockdown e avere una crescita post-traumatica positiva. La più comune è la semplice accettazione della situazione in sé. Al seguito le più usate sono state:
· Rivalutazione positiva: utilizzare il tempo lasciato libero dalla chiusura generale per cimentarsi in nuove esperienze o iniziare a coltivare nuovi hobby. Questo ha creato un miglioramento del bisogno di competenze, del bisogno di beneficenza, un apprezzamento maggiore della vita e la nascita di nuove possibilità.
· Orientamento al problema: informarsi sulla situazione e cercare come poter aiutare, sia nella sfera famigliare, aiutando in casa, facendo piccoli lavori, sia magari con iniziative volte ad aiutare chi si è trovato in situazioni più difficili. In questo modo si riscontra una soddisfazione dei bisogni di autonomia e beneficenza, ma anche un aumento della forza personale nell’affrontare i problemi.
· Sostegno emotivo: confortare famigliari e amici aiutandoli ad avere una visone più positiva della situazione. Grazie a questo si evidenzia un aumento di autonomia e di relazioni umane, oltre allo sviluppo di una visione ottimista sulla situazione.
· Trascendenza: cercare un sostegno nella religione. Questo comporta un aumento della spiritualità e una maggiore abilità di relazione.
Non tutte le tattiche di coping sono prolifiche; dalla ricerca ne sono uscite alcune non funzionali come l’auto-colpevolizzazione e lo humor, ossia affrontare la situazione scherzandoci sempre sopra. Questi metodi portano ad una frustrazione maggiorata dei bisogni di relazione, competenza e beneficenza, in quanto non ci si sente più in grado di far nulla né per sé né per gli altri; inoltre, porta alla carenza di nuove possibilità e ad una visione pessimistica della situazione.
In conclusione si può affermare che i giovani-adulti escono da quest’esperienza sicuramente più cresciuti e consapevoli di sé stessi.
Se si vogliono seguire i progressi dello studio lo si trova sul sito www.giovaniecovid.it oppure seguendo la pagina Instagram @giovani.e.covid
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