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Immagine del redattoreIl Foglio di Villa Greppi

È veramente moda sostenibile?

di Sara Cogliati

In questi ultimi anni si sente parlare sempre più spesso di sostenibilità, tanto che anche i marchi fast fashion (H&M, OVS, Zara, …) hanno una loro linea di abbigliamento dedicata a questo concetto. Purtroppo, però, alcune persone non conoscono il vero significato di questa parola, che potrebbe essere confusa con altri termini, rischiando di non accorgersi di ciò che si sta veramente acquistando.


Quindi, facciamo un po’ di ordine. La sostenibilità comprende due fattori: l’ecosostenibilità e l’etica. Il primo è costituito dal prefissoide eco- (di origine greca) che significa ambiente. Perciò, tratta i temi relativi al rispetto della natura (ad esempio, l’utilizzo di prodotti certificati e non nocivi). Il secondo, invece, vuol dire “comportamento” e si riferisce alla tutela dei lavoratori (a cui viene data una corretta retribuzione, un orario di lavoro consono, non vengono sfruttati, ecc.).

Dunque, un prodotto può essere ecosostenibile, ma non per forza etico e viceversa.

Questo discorso è molto importante perché si tende a dare tutto per scontato, quando invece non lo è. Indossiamo inconsapevolmente vestiti di brand che, sfruttando i dipendenti e/o utilizzando prodotti di scarsa qualità, li vendono a basso costo.


Un film che spiega bene questa situazione è The true cost. Cliccando potrete vedere il trailer e, se vi interessa, il documentario si può trovare su Netflix. È in lingua inglese ma vi posso assicurare che le immagini e i suoni sono già di per sé comunicativi.


È difficile capire se un brand è davvero sostenibile. Posso darvi due suggerimenti.

Il primo riguarda i materiali: se sull’etichetta leggiamo che è realizzato con cotone biologico (o fibre naturali) e poliestere (o altra fibra sintetica), significa che non è sostenibile perché non è riciclabile, in quanto sarebbe impossibile smistare i materiali.

Il secondo suggerimento è legato all’etica del brand. È ormai provato che l’industria della moda contribuisce alla schiavitù moderna. Per sapere se la nostra marca preferita si macchia dello sfruttamento di esseri umani bisogna andare nel sito web dedicato e cliccare sulla sezione “about”: lì dovrebbe essere spiegata la filosofia del brand, cosa mette in atto per i diritti dei lavoratori. Se non riuscite a trovare informazioni su questo argomento è chiaro che la filiera per arrivare al prodotto finale non è sicuramente “sostenibile”. Potreste anche trovare tante promesse così positive da sembrare fantastiche, e perciò non credibili.

Concludo dicendo che lo scopo di questo articolo è di informare, perché questo è un argomento poco conosciuto, e mi piacerebbe che tutti fossero consapevoli delle conseguenze dei propri acquisti.


Vi lascio con una citazione che per me è diventato un mantra: “Buy less, choose well, make it last”, compra meno, scegli bene, fallo durare.



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