VOLEVO SOLO VIVERE
- Il Foglio di Villa Greppi
- 26 mar
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 2 apr
di Gaia Agostoni (articolo) e Vittoria Franceschi (video)
Dal 21 marzo 1996, ogni anno, si celebra la “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”. Quest'iniziativa nacque dal dolore di Carmela, la mamma di Antonino Montinaro, caposcorta di Giovanni Falcone morto nella strage di Capaci del 1992. Ai tempi, la donna non si capacitava di come nessuno ricordasse il nome di suo figlio, nonostante fosse stato ucciso come gli altri e insieme agli altri. Da quel giorno, ogni anno, si legge un lunghissimo elenco di nomi delle vittime innocenti della criminalità organizzata, proprio con l'obiettivo di non dimenticare. Inoltre, sempre con l’intento di valorizzare questo importante giorno, il 1° marzo 2017 è stata approvata la legge che riconosce e istituisce il 21 marzo come “Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”.
La nostra scuola ha voluto celebrare questa giornata così importante attraverso un'iniziativa promossa nell’ambito della vigente Convenzione tra Regione Lombardia e USR Lombardia per il sostegno al Progetto “I Centri di Promozione della Legalità: dalla comunità educante alla comunità monitorante – triennio 2023-2025 (L.R. 17/2015)”. La commemorazione è stata patrocinata, in particolare, dal CPL “G. Falcone e P. Borsellino” di Lecco.
All'incontro, che ha avuto luogo in aula magna e che è stato molto emozionante, hanno partecipato anche i bambini delle scuole elementari di Monticello e della scuola media di Casatenovo, perché, come ha ricordato il nostro Preside, “crescere significa diventare persone che nel mondo verranno giudicate non in base ai voti, ma in base alle proprie scelte”. Pertanto, bisogna insegnare ai bambini, sin da piccoli, a non rimanere indifferenti davanti alle ingiustizie. Noi ragazzi siamo il futuro e, se riuscissimo a capire questo concetto, potremmo diventare anche la speranza del nostro Paese.
L’incontro si è aperto elencando venti vittime innocenti della mafia: Claudio Traina, Cristina Mazzotti, Ciro Zirpoli, Vito Schifani, Umberto Morile, Giancarlo Siani, Rosario Livatino, Emanuela Loi, Giuseppina Utano, Vincenzo Li Muli, Simonetta Lamberti, Peppino Impastato, Emanuele Attardi, Celestino Fava, Lea Garofalo, Francesca Morvillo, Emanuela Setti Carraro, Giuseppe di Matteo, Rita Atria e Carlo Alberto dalla Chiesa.
Successivamente abbiamo assistito a un intervento dei bambini delle elementari, che hanno descritto la figura di Falcone, e dei ragazzini delle medie, che hanno raccontato in sintesi la vita di Don Pino, postosi al servizio dei giovani per creare un futuro diverso rispetto a quello mafioso.
Le parole più ricorrenti e più importanti emerse da questo toccante incontro sono state "vita", "sogno" e "voler vivere".
Vita, s. f., contrario: morte.
Il concetto di vita, che si contrappone a quello di morte, unisce tutte le storie delle vittime innocenti della mafia e viene vista come la cosa più bella del mondo che, improvvisamente, si spezza in nome di un potere (la mafia) che non dovrebbe nemmeno esistere e che cambia per sempre la vita. La mafia uccide anche senza sparare, portando via tutto ciò che è più caro alle vittime e ai familiari. La vita è, quindi, speranza, speranza che qualcosa cambi per creare un mondo migliore e per realizzare un mondo giusto, in cui l’unica legge che si deve rispettare è quella dello Stato e non quella della mafia.
Sogno, s. m., contrario: realtà, incubo.
Le vittime innocenti delle mafie erano accomunate tutte da un sogno: vedere i propri figli crescere, diventare adulti, laurearsi o, semplicemente, vivere. Questi sogni risultano, però, per loro irrealizzabili, perché si scontrano con un incubo: la realtà, dove la mafia vive e vigila su tutto. Una realtà dove la mafia è legge e tutti la rispettano a testa bassa, una realtà dove anche solo parlare significa morire, figurarsi sognare!
Voler vivere.
Quello che le vittime della mafia volevano fare era rischiare la propria vita per denunciare la criminalità organizzata oppure volevano semplicemente vivere? Molte persone sono state uccise “per sbaglio”: non erano loro il vero obbiettivo, ma si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ne sono esempio molti bambini che, passeggiando con i propri genitori, sono stati uccisi, anche se i veri bersagli erano i padri. Questi bambini si sentivano liberi, erano sorridenti, avevano ancora tanti sogni da realizzare, ma, prima di tutto, volevano vivere. Non avrebbero mai voluto diventare un simbolo, un nome da ricordare per far riflettere e per sensibilizzare altre persone. Volevano "solo" vivere, ma nemmeno questo gli è stato permesso.
Le tre parole chiave dell’incontro riassumono perfettamente ciò che la mafia fa alle vittime e alle loro famiglie: la mafia spegne sogni e li trasforma in incubi, toglie la vita e dà la morte, priva le persone delle loro volontà e le obbliga a rispettare una legge ingiusta e inumana. I suo unico obiettivo è incrementare il proprio business illecito.
Inoltre, la scuola ci ricorda di non dimenticare le vittime che noi oggi possiamo chiamare tali solo perché svolgevano il proprio lavoro, perché parlavano, perché sognavano, perché volevano vivere. Facciamo sì che la loro voce non si spenga mai e che il futuro si accenda di speranza per un mondo migliore.
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