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Un piano dis-umanitario per Gaza

Immagine del redattore: Il Foglio di Villa GreppiIl Foglio di Villa Greppi

di Alexandra Toso


Il 5 febbraio 2025, durante una conferenza stampa con il premier israeliano Netanyahu a Washington, Trump ha condiviso il suo piano di rivoluzione della Striscia di Gaza: far evacuare il territorio e deportare i 2,3 milioni di palestinesi che lo abitano in Paesi vicini, per costruire nella loro terra un enorme resort turistico di lusso, renderla la “Riviera del Medio Oriente”. Questa proposta, che Trump introduce come un piano per migliorare la vita dei palestinesi, è in realtà un piano di pulizia etnica della Striscia di Gaza mirato a rendere agli USA il maggior potere e profitto possibile grazie al progetto di una sponda di lusso per turisti nel Mediterraneo. Trump ha anche spiegato che potrebbe essere necessario l’invio di truppe americane per il “takeover”, la presa di potere, per una “proprietà a lungo termine” di un territorio con un “incredibile potenziale”. Per tutta la conferenza stampa, Netanyahu ha sfoggiato un sorriso compiaciuto e ha elogiato l’altro presidente: “Bisogna prestare attenzione” ha detto, perché “le sue idee possono cambiare la storia”.

Il presidente USA ha evocato una sconvolgente trasformazione geopolitica del Medio Oriente, che fornirebbe a Netanyahu un’eccellente ancora di salvezza politica. Tra i molti guadagni del premier israeliano a Washington, tra cui più di un miliardo di dollari di armi, troviamo infatti lo stop definitivo ai fondi americani all’agenzia delle Nazioni unite per i profughi palestinesi (Unrwa), che Tel Aviv accusa di collusione con Hamas. L’incoerenza di Trump nel dire che il suo piano nasce dall’esigenza di aiutare i gazawi e dando loro una vita in un Paese “dignitoso” e il progetto della sponda di lusso, insieme allo stop dei fondi all’Unrwa è fin troppo evidente. La sua idea è così inaspettata e, per l’appunto, incoerente, che perfino il suo staff è scioccato quanto i giornalisti nella platea.

Ma adesso capiamo cos’ha di sbagliato il piano di Trump e perché è difficilmente realizzabile.

1. Espellere le persone dal posto in cui vivono è una pratica esplicitamente vietata da vari trattati internazionali: su tutti, cito la quarta convenzione di Ginevra sulla protezione dei civili in tempo di guerra, firmata nel 1949. Dall’articolo 49 leggiamo: «i trasferimenti forzati, in massa o individuali […] fuori del territorio occupato e a destinazione del territorio della Potenza occupante o di quello di qualsiasi altro Stato, occupato o no, sono vietati, qualunque ne sia il motivo». Da decenni i tribunali internazionali si occupano di trasferimenti forzati di massa, arrivando anche a condanne, come per le guerre nella ex Jugoslavia degli anni ‘90. Inoltre, al di là del diritto internazionale, l’espulsione di massa dei palestinesi causerebbe una enorme sofferenza ad un popolo che già da un anno sopporta bombardamenti spietati e stragi. Per i palestinesi sarebbe un nuovo trauma collettivo, dopo le espulsioni di massa subite prima, durante e dopo la guerra che Israele combatté nel 1948 con diversi paesi arabi. Vinse Israele, che forzò 700mila palestinesi ad allontanarsi dalla loro terra; loro lo ricordano come Nakba, “la catastrofe” in arabo.

2. Gli abitanti attuali della Striscia non avrebbero alcun posto dove andare, siccome anche se Trump ha suggerito l’accoglienza in Egitto e in Giordania, che ospitano già diversi discendenti dei profughi palestinesi e che non hanno le risorse né la volontà politica di accoglierli.

3. Espellere i palestinesi dalla Striscia di Gaza richiede il trasferimento di migliaia di soldati americani nella Striscia, e ciò è insostenibile economicamente e dal punto di vista logistico.

4. Anche se in ordine di scrittura non sono il primo punto, i palestinesi hanno fermamente affermato che non lasceranno la loro terra e non lasceranno accadere un’altra Nakba. Se mai non dovesse bastare la violazione del diritto internazionale che costituisce, lo spostamento forzato dei gazawi è letteralmente contro la loro volontà.

5. Forse, a causa della sua vita da imprenditore immobiliare, Trump vede uno dei suoi progetti edilizi nella Striscia, che però necessiterebbe di più dei 40 miliardi di dollari all’anno che oggi gli USA spendono per la cooperazione internazionale e che lo stesso Trump ha definito eccessivi.

6. La comunità internazionale è in forte disaccordo: dalle Nazioni Unite a Egitto, Giordania, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, in molti hanno condannato l’idea per la destabilizzazione che porterebbe all’intera regione.

7. Sono necessari come minimo 15 anni solo per rimuovere le macerie di Gaza, e un progetto del genere avrebbe bisogno di un controllo politico e militare stabile, difficile da raggiungere per come stanno le cose.

Il piano di Trump cade appena si elencano solo alcune delle cose a cui porterebbe dal punto di vista umano, legale e logistico: un popolo subirebbe il trauma di un’altra deportazione, la violazione di innumerevoli accordi e codici del diritto internazionale, le difficoltà economiche e pratiche di una eventuale ricostruzione della Striscia di Gaza… La lista potrebbe continuare. Il conflitto attuale tra Hamas e Palestina fonda le sue radici nell'antichità e nelle sacre scritture ebraiche, che rivendicano questa terra come quella promessa da Dio al popolo ebraico. Dopo tutte le lotte e i conflitti che questo popolo ha combattuto e subito per restare nella sua terra, la domanda che continuo a pormi è: come si può non pensare a tutto il sangue versato e al valore culturale della Palestina e di Israele stessi? Trump crede davvero che questo conflitto si possa risolvere cancellando tutto ciò che è appartenuto ai palestinesi?

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