Un banco vuoto per sempre: la storia di Paolo Mendico
- Il Foglio di Villa Greppi
- 2 ore fa
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di Asia Aimo

"Bullismo" non è solo una parola che sentiamo nei progetti scolastici o nelle campagne di sensibilizzazione. È una realtà che si nasconde ogni giorno nei corridoi, nei gruppi classe, nelle chat di WhatsApp e sui social. A volte è evidente: insulti, spinte, esclusione. Altre volte è più subdolo: risatine, sguardi, battutine che fanno più male di quanto sembri.
Nella maggior parte dei casi, il bullismo “cresce nel silenzio”. Le vittime spesso non parlano per vergogna, paura o senso di colpa. I testimoni, anche se vedono e capiscono, preferiscono stare zitti per non diventare a propria volta il prossimo bersaglio. E chi lo pratica, il bullo, non sempre si rende conto di come possa distruggere la vita di qualcuno con gesti che a lui sembrano “scherzi”.
Ma non è uno scherzo, se qualcuno soffre.
Non è normale, se qualcuno arriva a credere di non valere più niente.
Non è scuola, se non ci si sente al sicuro.
Un esempio terribile di cronaca recente è il caso di Paolo Mendico, che aveva 14 anni e li avrà per sempre. Paolo abitava con la sua famiglia a Santi Cosma e Damiano (Latina). Era un ragazzino sensibile, solare, con la passione per la musica e aveva dei capelli lunghi e biondi che portava con orgoglio, ma che poi ha deciso di tagliare per cercare di diventare come tutti. Tuttavia, non è bastato. Stava per cominciare la prima superiore, all’ITIS “Pacinotti” di Fondi. Sembrava entusiasta: aveva persino scritto nella chat della nuova classe: “Tenetemi il posto in prima fila.”
Ma quella mattina dell'11 settembre 2025, Paolo non è mai andato a scuola. Si è tolto la vita, nella propria stanza. Una tragedia immensa, che ha lasciato senza fiato non solo la sua famiglia, ma un intero Paese.
Dietro quel gesto estremo c’era una storia fatta di bullismo, di prese in giro che duravano da anni. Lo chiamavano “Paoletta”, “femminuccia”, lo prendevano in giro per il suo aspetto, per la sua voce, per la sua sensibilità. Tutto questo era iniziato già alle scuole medie. I genitori avevano più volte chiesto aiuto alla scuola, avevano segnalato gli episodi, ma, a quanto pare, nessuno ha saputo o voluto intervenire davvero.
Paolo non è morto perché era “debole”.
È morto perché si è sentito solo, incompreso, invisibile.
Il dolore della sua famiglia è diventato pubblico e in molti hanno voluto ricordarlo. Anche il programma televisivo “Amici", condotto da Maria De Filippi, gli ha dedicato un momento speciale: un omaggio commosso a un ragazzo che amava la musica e sognava un futuro che non ha potuto vivere. Domenica 28 settembre, infatti, sul palco è comparso il corpo di ballo del talent show, con Elena D’Amario e il finalista dello scorso anno, Francesco Fasano: insieme hanno ballato sulle note del grande successo di Edoardo Bennato, “L’Isola che non c’è” del 1980.

Inoltre, il fratello maggiore di Paolo, Ivan, ha scritto una lettera aperta alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, chiedendo giustizia e attenzione concreta da parte delle istituzioni. Parole forti, vere, piene di dolore, ma anche di coraggio, una richiesta chiara: che storie come quella di Paolo non si ripetano assolutamente più.
La morte di Paolo non deve essere dimenticata, né ridotta a una semplice notizia di cronaca. È un richiamo forte, duro, ma necessario: il bullismo uccide, anche quando non lascia lividi visibili.
Come studenti, possiamo fare molto più di quanto pensiamo: guardare con attenzione chi ci sta accanto; cogliere i segnali di chi sta male; smettere di ridere “per convenienza” quando qualcuno viene preso in giro; chiedere scusa, se capiamo di aver ferito qualcuno, anche senza volerlo; parlare, se siamo noi a subire. Anche se sembra difficile, anche se ci sentiamo soli, esiste sempre qualcuno disposto ad ascoltarci; ascoltare, se qualcuno ci chiede aiuto. Anche solo esserci può fare la differenza.
La scuola dovrebbe essere un luogo sicuro, in cui sentirsi accettati per quello che si è. Nessuno dovrebbe mai sentirsi escluso, giudicato o addirittura annientato da chi ha accanto.
Se persino un programma come “Amici” si è fermato per onorare Paolo e se suo fratello maggiore ha trovato la forza di scrivere a chi governa il nostro Paese, significa che questa storia ha smosso le coscienze di molti. Ma non basta. Sta a noi, ogni giorno, scegliere da che parte stare.
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