di Elena Cazzaniga
Ho trovato interessante e spiazzante vedere come cambia il punto di vista sulla situazione quando il risultato del proprio tampone si rivela positivo. La paura che prima si manifestava nell’ossessiva osservanza delle normative anti-contagio, ora si fa molto più presente sia in me stessa che nelle persone che mi sono vicine. Credo che, come accade per ogni situazione difficile, tutto sembra surreale finché non ci colpisce personalmente. Per quanto mi riguarda, ho iniziato ad interrogarmi sulle motivazioni per cui possa aver preso il virus, realizzando che l’accortezza del singolo non è mai stata sufficiente. Non avevo considerato prima d’ora che, effettivamente, esiste il fattore fortuna e, purtroppo, non ne ho avuta. Anche se la vera preoccupazione adesso non è quanto non sia stata protetta, ma il proteggere i famigliari, perché isolarsi in un appartamento con spazio ridotto non è semplice.
Ripenso alle situazioni in cui avrei potuto prendere il Covid-19 con più facilità, come treni, metro, o grandi città, ma io non le ho frequentate, per cui ciò che mi ha scioccato maggiormente è stato l’averlo preso in un ambiente che dovrebbe essere il più sicuro: la scuola. Infatti, sono sempre stata indecisa su quale modalità scolastica fosse la migliore. Da una parte la modalità a distanza mi faceva sentire più al sicuro, dall’altra, la modalità in presenza, pur con tutte le problematiche del caso, non ha paragoni in quanto garantisce un apprendimento migliore. Per questo motivo, penso che si sarebbe dovuto valutare come poter risolvere i problemi derivati dalla didattica in presenza, prima di chiudere le scuole. Effettivamente, ad oggi, non so se chi è a capo della gestione lombarda abbia tentato il possibile per riprendere questa modalità, garantendo al meglio la sicurezza. Inutile dire che questa pandemia ha sconvolto la mia vita da diciottenne fresca e desiderosa di fare esperienze, regalandomi però una visione del mondo totalmente unica, che non avrei potuto ottenere in nessun altro modo. Un mondo in cui uniti, seppur dalla paura e da un senso di rabbia comune, tutti abbiamo imparato a prenderci cura di sé stessi e degli altri e ad inventare soluzioni creative ai problemi, senza attendere che arrivino dall’alto.
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