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  • Immagine del redattoreIl Foglio di Villa Greppi

STAGE ALLA NORMALE di PISA: uno sguardo sul futuro

di Sarah Mazzarelli


Si chiama “Scuola Normale” eppure di normale c’è stato ben poco.

Mi riferisco allo stage di chimica, tenutosi dal 5 all’11 marzo, alla Scuola Normale Superiore di Pisa: un’esperienza unica vissuta da 28 ragazzi, in una delle università più prestigiose d’Italia (e riconosciuta anche a livello internazionale).

La Scuola è stata fondata nel 1810 e vanta la formazione di alcune personalità importanti sia nella storia italiana che nel campo della ricerca: sono stati ex allievi i Presidenti della Repubblica Giovanni Gronchi e Carlo Azeglio Ciampi, i vincitori di Premi Nobel Giosuè Carducci, Enrico Fermi e Carlo Rubbia, e il vincitore della medaglia Fields Alessio Figalli.

Gli allievi della Normale seguono due percorsi formativi paralleli, quello della Scuola affiancato ai corsi dell’Università di Pisa o Firenze, che si articolano nelle Classi di Lettere e Filosofia, Classe di Scienze e Classe di Scienze politico-sociali. Il prestigio che la caratterizza è dato da obblighi didattici rigorosi: gli studenti hanno accennato a una media del 27 e non accettare voti al di sotto del 24; per la selezione, solitamente il punteggio del TOLC è sopra ai 45 punti su 50; sono richiesto livello C1 in inglese e un B1 in una seconda lingua. È dunque chiaro che il livello è alto e se dovessi descrivere l’ambiente con una parola, penserei a “intellettuale”: alla base ci stanno tanto talento, innovazione e incentivi, oltre che collaborazione e confronto.

E queste belle parole si riflettono sullo stage, che ha coinvolto persone provenienti da tutta Italia, principalmente di istituti tecnici chimici e licei scientifici (tradizionale e scienze applicate).

Per partecipare ciascuno di noi ha dovuto svolgere un elaborato riguardo a degli esercizi proposti dalla scuola stessa, divisi in quattro sezioni: chimica organica, chimica inorganica, chimica analitica e chimica-fisica, le stesse materie proposte nelle lezioni della settimana. Lo scopo di tale compito non era tanto capire le conoscenze, quanto più valutare le capacità di ragionamento e di trovare una soluzione a un problema. Il punteggio è servito per creare i gruppi in cui dividerci per le lezioni del pomeriggio (base o avanzato).

Il primo incontro è stato il pomeriggio della domenica, volto a spiegare come fosse strutturato lo stage e in generale come è la scuola, lo studio, come si trovano gli allievi e, infine, breve tour dell’università stessa e delle aule di riferimento (per cui è servito un grande senso dell’orientamento: ci siamo persi più e più volte durante la settimana, ma adesso conosciamo Pisa più delle nostre stesse tasche).

Le altre giornate, dal lunedì al venerdì, erano strutturate allo stesso modo: seguivamo un primo modulo di quattro ore la mattina, seguito da una pausa pranzo di un’ora e mezza e un secondo modulo, sempre di quattro ore, al pomeriggio.

Lunedì mattina, partenza con il botto: lezione di metodi matematici, che sarebbero serviti da fondamenti per le lezioni di chimica successive. Hanno trattato lo studio delle funzioni, nonché la derivazione e l’integrazione, seguite dalle equazioni differenziali e qualche principio di fisica. Il risultato? Oltre che un innato interesse per gli approfondimenti di quanto già fatto a scuola, un’inspiegabile fobia degli integrali (che purtroppo non sono presenti in tutti i programmi scolastici).

Al pomeriggio, nella lezione di chimica analitica, si è parlato dell’equilibrio chimico, è stato introdotto il concetto di attività, forza ionica, per poi approfondire gli equilibri di complessazione, di solubilità e di fase: è stato incredibile conoscere il ragionamento e la dimostrazione che c’è dietro a formule che ci vengono insegnate e date per valide.

Più partecipativa è stata la lezione di chimica generale, che partiva dai concetti base che si studiano alle superiori per analizzarli più a fondo: la struttura atomica, quella molecolare, gli stati di aggregazione, acidi e basi, redox ed elettrochimica.

Il modulo pomeridiano prevedeva una visita al Cave 3D, un sistema di realtà virtuale della Scuola. Avete presente i film in 3D? Stesso concetto, con l’aggiunta di un rilevatore di posizione che ti permette di visualizzare il soggetto (una proteina, un enzima…) da diverse angolazioni, senza creare quindi giramenti di testa che un normale 3D può causare. Oltre a questo, ci hanno fatto provare un visore per la realtà aumentata, che permetteva di visualizzare la tavola periodica e creare una qualsiasi molecola tramite opportuni “telecomandi”. Molto più figo rispetto ai soliti software, non credete?

Questa breve gita è stata seguita da una lezione di chimica fisica, in particolare termodinamica. Cari chimici del Villa Greppi, sappiate che quello che si fa a scuola non costituisce neanche l’1% di tutto ciò che c’è da sapere: tantissime equazioni e concetti fisici permettono di giungere ai principi della termodinamica che studiamo nel triennio.

Le altre mattine si sono tenute delle lezioni su tecniche analitiche strumentali: UV-visibile, NMR (Risonanza Magnetica Nucleare) e IR (spettrometria infrarossa). Tre argomenti estremamente affascinanti, alla cui base ci sta tanto studio e lavoro, per permettere l’utilizzo di una strumentazione che ci svolge intere analisi mediante il settaggio di qualche parametro e un click dell’operatore.

La lezione di chimica inorganica di mercoledì pomeriggio prevedeva lo studio dei complessi, argomento poco trattato alle superiori, e per questo molto coinvolgente e interattiva: ho notato una particolare curiosità da parte di tutti, diversi sono stati i dubbi e le domande che sono stati posti e risolti da coloro che tenevano la lezione.

L’ultima lezione pomeridiana è stata giovedì, chimica organica, concentrata soprattutto sull’aromatica: i composti aromatici e le reazioni in cui sono coinvolti, quindi sostituzioni elettrofile e nucleofile, per poi concludere con retrosintesi ed esercitazioni.

L’ultimo pomeriggio nella scuola si è concluso con l’intervento di ex allievi che hanno illustrato diverse prospettive future e gli sbocchi a cui la laurea alla Normale ti permette di accedere: dalla chimica organica, biochimica a chimica industriale, quindi farmaceutica, studio di catalizzatori e quant’altro. Uno più interessante dell’altro, con l’aggiunta del fatto che tutti, al momento, lavorano all’estero, chi a Stoccolma, chi negli Stati Uniti, chi ha lavorato nel continente asiatico.

Il sabato poi, prima delle varie partenze, ci è stato offerto una visita guidata in Piazza dei Miracoli, passando le ultime ore insieme alla scoperta di una città ricca di storia e arte come Pisa.

Questo stage si è rivelato stimolante e ben organizzato: c’è da specificare che le lezioni, le dispense ed esercitazioni erano tutte a cura dei normalisti (gli allievi dell’università), dal primo al quinto anno, uno più preparato dell’altro. Oltre a maneggiare molto bene le nozioni di chimica, si sono dimostrati molto disponibili, risolvendo i nostri dubbi in merito sia alle lezioni che alla vita da fuori sede.

Infatti, chi studia alla Normale può usufruire di vitto e alloggio gratuiti; la scuola è dotata di una mensa e gli studenti vivono al “Timpano” (un condominio riservato agli allievi).

La vita da universitario è molto diversa da quella da studente delle superiori, e il fuori sede possiede una maggiore indipendenza e autonomia: al di fuori delle ore di lezione si è in totale autogestione sullo studio e vita sociale. Grazie a questo si è creato un bel gruppo tra noi stagisti, accumunati “solo” dalla passione per la chimica.

Diverse sono le motivazioni che hanno portato i vari ragazzi a candidarsi per lo stage: c’è chi era interessato alla Scuola già da tempo, come possibile futuro se non addirittura come università dei sogni; chi invece non la conosceva, ma è stato attirato dalla proposta; addirittura una ragazza del linguistico ha capito di avere un interesse per la chimica e ha colto l’occasione per imparare qualcosa.

L’esperienza è stata descritta dai ragazzi come stimolante, soddisfacente e per alcuni “l’esperienza migliore della vita”: a renderla magica sono stati i legami che si sono formati, il confronto tra menti, conoscenze, ma anche cose più banali come la semplice diversità tra dialetti e accenti dati dalle diverse provenienze, che ci hanno procurato delle grosse risate. Dall’altro lato, è stata anche mentalmente stancante: un concentrato di chimica, in quaranta ore in una settimana, che però non hanno fatto altro che aumentare la nostra sete di conoscenza. Complessivamente, l’esito è più che positivo, e raccomanderemmo questo stage a chiunque fosse davvero interessato e abbia affinità con la materia.

Cosa ha colpito di più? Tra l’ambiente universitario, gli allievi e la loro preparazione, le lezioni stesse che hanno aperto le porte a un mondo che conosciamo solo in parte, è difficile scegliere. Ma concordiamo tutti che la comunità che si è creata è stata al di sopra delle aspettative e speriamo di coltivare questi legami a lungo. Questa esperienza ha cambiato anche la nostra percezione della materia: dall’essere un insieme di formule è diventata una continua curiosità, per alcuni ha fatto recuperare l’interesse, oppure l’ha aumentato. Quindi alcuni tenteranno anche la selezione all’università, che oltre al TOLC, si avvale di due esami, uno scritto e uno orale, riguardo a chimica, insieme a matematica e fisica o biologia.; altri preferiscono provare a entrare al quarto anno e fare la triennale altrove; ci sono quindi diverse alternative.

E alla domanda “da questo stage, cosa ti porti a casa?” senza esitazione hanno e abbiamo risposto la rinnovata passione per la chimica, che magari la scuola superiore tende a mascherare, mostrandocela come concetti da sapere e su cui essere valutati; anche altre questioni più pratiche, come accedere alla Normale, superare il test d’ammissione, che fino a prima sembrava insormontabile. Ad alcuni ha aiutato a livello personale, quindi entrare in contatto con l’autonomia del fuori sede e percepire il sentimento di appartenenza in un ambiente.

Una settimana può sembrare breve, eppure possono cambiare tante cose: un’esperienza di vita che ci ha presentato nuove prospettive, un ambiente diverso e, più importanti di tutti, nuove conoscenze e nuove persone.

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