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  • Immagine del redattoreIl Foglio di Villa Greppi

L’INDIFFERENZA UCCIDE. E riguarda tutti noi.

di Edoardo Gatti


Nel buio dell’indifferenza, ci vorrebbe un cuore che brilla. Una mano che si allunga. Una parola che zittisce il silenzio di chi guarda, ma non vede. Non c’è cosa peggiore dell’essere ciechi dentro, perché significa dare le spalle a sé stessi, oltreché agli altri. Non c’è cosa peggiore, allo stesso tempo, di vivere in un mondo che muore un pezzo alla volta, divorato dalla violenza, dalla malvagità, dalle bocche di chi decide per tutti, e da quel disinteresse che ci ha allontanato progressivamente dalla realtà. Lo vediamo ovunque, e tristemente ne prendiamo atto, cercando colpevoli, emanando sentenze, al grido del ‘’si poteva evitare’’. Quest’ultima, frase che sentiamo tanto, forse troppo. E che tendiamo a dire spesso, non neghiamolo. Frase che, scavando in profondità, profuma di superficialità. Ed è questa superficialità che, in fondo, fa così paura.

Lo impariamo ogni giorno dalla storia: l’indifferenza abbatte un ponte per costruire un muro che divide, allontanando l’uomo dagli uomini e l’uomo da sé stesso. L’indifferenza è lo specchio di una società che subisce passivamente, che non si fa sentire, che in fondo si accontenta. L’indifferenza, semplicemente, uccide. Uccide una persona, perché non aiutata. Uccide una causa, perché non supportata. Uccide, e miete vittime in ogni campo della vita. Uccide, e lo fa in silenzio, nel buio.

Forse è questo che ‘’si poteva evitare’’.

E' come se fossimo arrivati ad un punto di non ritorno. E lo possiamo vedere, sentire, provare sulla nostra pelle. Il dolore, il disagio, la sofferenza, di chi muore in mare, o sul lavoro, o schiacciato dal peso delle aspettative. Di chi, in mezzo ad una strada, grida alla fame e alla sete che da solo non può soddisfare o di chi, steso da un pugno di mosche, vede il suo futuro calpestato dall’interesse dei più potenti, che marciano con orgoglio sopra le debolezze di chi non può rispondere, non può pretendere, non può nemmeno chiedere. Il dolore, il disagio, la sofferenza, di una società entrata in una profonda di crisi di identità, accentuata dalle diseguaglianze, dalle ingiustizie, da problemi evidenti che nessuno si prende la briga di attenzionare.

E dal male che inaliamo quotidianamente. Per ogni grido di ‘’aiuto’’ spezzato dalla freddezza, o da un telefonino che oscura l’altra metà delle cose. Ve lo ricordate Alika, il venditore ambulante nigeriano pestato a morte con una stampella, in pieno giorno, come se fosse niente? Ve la ricordate Sara di Pietrantonio, che prima di finire nelle grinfie omicide del suo ‘’ragazzo’’, aveva chiesto aiuto ai passanti senza ricevere attenzione? Ma è indifferenza anche quando si fa finta di non vedere quel bullismo che ferisce i ragazzi, divorati dal rumore, talvolta crudele e insostenibile, delle parole. È indifferenza, insomma, come diceva Liliana Segre, tutto quello che ‘’racchiude la chiave per comprendere la ragione del male. Perché quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore’’.


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