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Immagine del redattoreIl Foglio di Villa Greppi

L'attesa

di Federica Albanese


"La ferrovia" di Eduard Manet

In quell’interminabile luglio i fischi dei treni cantavano prima dei galli nella stazione di Saint-Lazare, il sole, passeggero e inaffidabile, era arrivato alla stazione molto più tardi di tanti volti stanchi e grigi che si mimetizzavano con il colore delle rotaie.

Questo paesaggio malinconico, ordinario, caratterizzava tutto quel luogo che, nonostante riciclasse costantemente i suoi avventori a cadenza oraria, manteneva invariata la sua costituzione.

Marie e Lauren erano l’unico elemento che, come quando un cielo piovoso si apre e lascia spazio ad uno spiraglio di azzurro, riusciva a spezzare quella monotonia con le loro vesti: la più piccola, Marie, indossava un fiocco azzurro, che riprendeva il colore occhi, e la sua veste bianca si mescolava quasi al candore della sua pelle. Lauren, invece, non sembrava rispecchiare l’allegria della sorella, né nella scelta dei vestiti né nell’espressione. I suoi zigomi erano rilassati, o meglio, rassegnati, non trovavano più nulla per cui contrarsi in quel paesaggio che credeva di aver ormai imparato a memoria.

Non riusciva a togliersi dalla testa quella stanza buia, riempita solo dalla tosse incessante di sua madre, le sembrava che avesse come un buco nei polmoni, dal quale fuoriusciva tutta l’aria che la donna cercava di accaparrarsi con sforzi ingenti e disperati del torace. Lauren, in quella stanza, desiderava solo di potersi togliere il respiro e poterglielo donare, per poterla salvare da quella condanna chiamata dal medico “tubercolosi”.

Purtroppo, però, le speranze di Lauren erano destinate a rimanere tali, sua mamma si spense in quella stanza buia, la stanza in cui lei era nata, in cui la donna che stringeva tra le braccia in lacrime l’aveva per la prima volta abbracciata mentre era avvolta dalle fasce, ed era ancora troppo piccola per poter comprendere di quale fortuna era benedetta a quei tempi.

Ora quella casa era rimasta vuota, ad abitarla durante il giorno era rimasto solo un domestico, poiché Lauren e Marie passavano le giornate ad aspettare che il padre tornasse dal luogo in cui si era recato per lavoro, un’assenza che, purtroppo, non gli aveva permesso di essere presente alla morte della moglie, che si era aggravata in poco tempo, e neanche di poter dare sostegno alle sue due figlie.

Lauren non riusciva a dire a Marie la verità, non riusciva a rattristare l’innocenza del suo viso raccontandole quante lenzuola la loro madre aveva macchiato di sangue per colpa della sua malattia, le disse che la mamma se ne sarebbe andata per un po’ e lasciò a suo padre il compito di rendere Marie un’adulta.

Ormai erano giorni che ogni mattina andavano ad aspettare il padre alla stazione, Marie scalpitava all’idea di poterlo rivedere e assillava la sorella per ottenere informazioni più precise sulla data del suo ritorno, che però restavano sempre uno svogliato e apatico: “tra poco”.

Marie si sporgeva, con la testa tra le sbarre, nella speranza di poter vedere il padre al più presto. Lauren, invece, aveva visto così tanti volti in quei giorni che pensava che anche se suo padre si fosse fermato davanti a lei in quel momento e le avesse offerto di tornare a casa, lei lo avrebbe scambiato per un venditore e lo avrebbe ignorato.

Quante facce in quei giorni le erano passate davanti, gli uomini della stazione, gli amici della madre, i passanti, il domestico, i barboni e gli operai; ormai le sembrava come se avessero assunto tutti la stessa espressione, piatta, stanca, senza vita. In quel pomeriggio di luglio così afoso e caldo, l’unico volto che voleva vedere in quella folla, era quello del corpo ormai freddo di sua madre.

Un treno fischiò con prepotenza e la trascinò violentemente fuori dalla sua trance, Marie urlava, “come al solito”, pensò la sorella maggiore, “è papà, è papà”, certo, pensò Lauren, per Marie era l’ennesima volta che loro padre scendeva dal treno.

Stavolta però aveva ragione, suo padre era sceso davvero dal treno e le due gli si buttarono subito tra le braccia, Lauren sentiva stringere, e non capiva se fossero le braccia del padre o il suo cuore, ma non era importante, era arrivato il momento di ricominciare.


Racconto realizzato nell'ambito della settimana del Successo formativo, in due ore di X-Factor letterario. Bisognava scrivere una storia considerando uno dei tre dipinti proposti. Questo e i racconti L'UOMO di Matilde Scioscia (primo classificato), IL PAPA di Sofia Valli e LA LETTERA di Alice Monteleone (che verranno pubblicati prossimamente) sono stati i vincitori.

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