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Immagini e pensieri per Giuseppe Negri

  • Immagine del redattore: Il Foglio di Villa Greppi
    Il Foglio di Villa Greppi
  • 9 ore fa
  • Tempo di lettura: 3 min

di Rossella Gattinoni


Pubblichiamo il testo scritto dalla professoressa Rossella Gattinoni a ricordo di Giuseppe Negri, storico e amato docente di Storia e Filosofia del Greppi deceduto la scorsa settimana, che ha lasciato un segno indelebile in colleghi e studenti.


Giuseppe Negri durante una delle sue lezioni di Storia e Filosofia al Greppi.
Giuseppe Negri durante una delle sue lezioni di Storia e Filosofia al Greppi.

Est enim amicitia nihil aliud nisi omnium divinarum humanarumque rerum cum benevolentia et caritate consensio; qua quidem haud scio an excepta sapientia nihil melius homini sit a dis immortalibus datum. (Cicerone)

"L’amicizia infatti non è altro che l’accordo, nella benevolenza e nell’affetto, su tutte le cose divine e umane; e, a dire il vero, non so se - tranne la sapienza - gli dèi immortali abbiano dato all’uomo qualcosa di migliore."


Nei lunghi anni al Greppi mi si riaffaccia, a volte, l’immagine di Giuseppe. Succede in momenti diversi, quando cammino per i corridoi della scuola, quando vedo qualche collega fumare con gusto una sigaretta (so che non si dovrebbe dire…), quando in classe, spiegando letteratura, cerco di insinuarmi tra i meandri filosofici, più spesso quando accolgo qualche nuovo collega fresco di nomina. Sì, perché, timida, inesperta e giovanissima, ho fatto il mio primo ingresso in questa scuola accompagnata dal filosofo e professore già di casa al Greppi. Sorpresa! Invece di assistere ad una lezione cattedratica, ho visto la semplicità di un uomo che era preoccupato per me, per le difficoltà che avrei incontrato nelle classi, visto che sembravo io stessa una studentessa e, soprattutto, temeva di fare brutta figura con me, lui che padroneggiava con estrema competenza la materia. Questo io ricordo di lui, la sua semplicità, disponibilità, capacità di conversazioni mai banali. E poi il rammarico di aver a volte liquidato frettolosamente questioni che avrebbero richiesto maggior cura e interesse.

La stessa sensibilità mostrata con i colleghi la riservava agli studenti, che non so fino a che punto fossero in grado di apprezzarne profondità e ricchezza di sapere. Ma quando si è giovani si può sfuggire ai ragionamenti complessi e dolorosi, sorvolando sulle tristezze altrui, sui momenti di sconforto. E Giuseppe, lo sappiamo noi colleghi, ne attraversava molti di questi periodi, in cui era difficile penetrare la scorza difensiva innalzata a protezione sua e altrui. Una cosa è certa: quando avevi bisogno di approfondire un concetto o avere qualche dritta bibliografica era a lui che ti rivolgevi, sicura di ricevere non solo frettolosi appunti, ma paginate di analisi e riflessioni vergate a mano con la sua calligrafia di una volta. Del resto, era naturale che potesse darti indicazioni precise e affidabili lui che amava, con egual slancio, la filosofia e la letteratura, connubio inestricabile per chi ha trascorso l’esistenza a farsi quelle famose domande da cui parte ogni seria lezione di filosofia.


A ricordo del suo amore per la letteratura, la professoressa Anna Rosa Besana condivide una poesia a lei donata dal professor Negri, suo amatissimo collega.



COLONIA ESTIVA


Giocano ancora i ragazzi sulla spiaggia

e l’ilare vociare si confonde

col mare grosso, si spegne tra le onde.

E’ l’imbrunire, è l’ora del ritorno.

Tra poco incolonnati e stanchi

come soldati dopo la battaglia

-e di castelli e torri e fiere impronte

rimane sulla sabbia un bel ricordo-

si laveranno piedi e mani

e in tutta fretta “benedici il cibo”

-diranno- “che ci hai dato”.


Anch’io fra voi ritorno

e da Pietra o da Loano lentamente

ripercorro tra gli orti

e tra i muretti a secco

abbacinati giorni ed attimi spietati:

-l’insulto del compagno a denti stretti;

il castigo terribile scontato

a pane e acqua e senza rifiatare;

la sete inenarrabile e le corse

al mare, al tuffo a piroetta;

e poi le scampagnate e la bellezza

dei cori e dei canti

tra gli ulivi, a sera;

e nei mattini chiari

e trepidi d’agosto

veder salire sul pennone altissimo

e sventolare il tricolore al vento;

e la sfortuna marcia al gioco e i pianti

alla stazione e tutte le dolcissime

malinconie d’estate.

Ma al magico apparire sul telone

-era sempre spasmodica l’attesa-

di Maciste o di Zorro o di quel treno

per Yuma…se la musica taceva

di colpo prima del duello

stormire i platani sentivi

tanto era attenta e assorta la platea.


Con voi ragazzi sconosciuti e ignari,

che il crepuscolo inghiotte in un sospiro

di luce - e l’orizzonte è rosso -,

con voi ritorno; e che il dolore,

e il male sia lontano.

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