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Donne contro la mafia

Immagine del redattore: Il Foglio di Villa GreppiIl Foglio di Villa Greppi

di Anita Ruggiero 


L'istituto Greppi, insieme ad altre scuole della provincia, si è associata a delle attività dalla CPL (Centro per la Legalità) che quest’anno ha proposto delle rappresentazioni teatrali di vari argomenti. 

In data 18 novembre, alcune classi seconde hanno potuto partecipare ad un recital proposto dalla compagnia teatrale “Lo stato del arte”. Il recital, dal titolo "Disonorata", ha proposto l'esecuzione di brani, alternati ad una parte recitata, che ha avuto come interpreti Sala Velardo e Alberto Bonacina, con un aiuto da parte di Roberta Corti.  

In particolare, lo spettacolo parlava di alcune storie di donne in mafia. Spesso passa il falso mito che la mafia abbia un “codice d’onore” e che tra le loro vittime non ci siano donne. In realtà sono circa 150 le vittime femminili di questa organizzazione criminale. Quando la mafia è in difficoltà uccide senza pensare alla natura della vittima, anche se questa è una donna, un bambino o un uomo. Qui vi presentiamo i tre racconti ascoltati durante il recital. 

Emanuela Loi, nata in Sardegna il 9 ottobre del 1967, voleva diventare una maestra. Pensava che il suo futuro sarebbe stato dietro ad una cattedra con un gessetto in mano, finché un giorno gli entrerà in testa l’idea di diventare poliziotta, che l’accompagnerà fino all'ultimo dei suoi giorni. Durante la sua carriera divenne la scorta di Paolo Borsellino, famoso giudice antimafia, che perse la vita il 19 luglio 1992. Insieme a lui morì la sua scorta, composta dalla stessa Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Claudio Trina e Vincenzo Fabio Li Muli. Essa è la prima poliziotta uccisa durante il lavoro di scorta, una vittima innocente che è stata vittima del suo stesso coraggio, lo stesso che gli consentiva di mettere la sua vita davanti a quella del giudice.  

A volte sei costretto ad entrare nel circolo della mafia, spesso a causa di legami di sangue. È questo il caso di Lea e Denise Garofano, moglie e figlia di Carlo Cosco, mafioso calabrese. Lea si mise contro il marito, raccontando alle autorità dei suoi reati, divenendo così una traditrice dell'organizzazione. Venne così protetta dallo Stato, insieme alla figlia Denise, per diversi anni, fino al 2009 a Milano. Li rincontrò l’ex marito, che attraverso delle scuse, divise madre e figlia, portandola in un appartamento, violentandola e uccidendola dentro ad un barile di acido. Denise visse con il padre e il suo clan per un anno, fino ad avere abbastanza coraggio da opporsi a Costo e denunciarli alle autorità, divenendo così una collaboratrice di giustizia. Vinse la causa e oggi è viva, ma ancora sotto la tutela del programma di protezione. 

Anche lei figlia di un capo mafioso, Rita Atria, divenne un testimone di giustizia in seguito all'uccisione del fratello e del padre da un altro gruppo mafioso. Dopo aver collaborato con la giustizia, venne trasferita a Roma. Li apprese della morte del giudice Borsellino nella strage di via d’Amelio, decidendo di suicidarsi lanciandosi dal settimo piano del palazzo in cui viveva, all'età di 17 anni. 


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