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  • Immagine del redattoreIl Foglio di Villa Greppi

Uomini vittime di una società maschilista

di Gianluca Di Leo


È il 2020, e purtroppo viviamo ancora in una società estremamente maschilista: i ruoli di genere sono molto definiti, generalmente a sfavore delle donne, che sono a volte ancora relegate in casa come casalinghe, loro malgrado, o in ruoli lavorativi di minore importanza, laddove gli uomini coprono cariche di responsabilità più alta. Oltre a questo, le donne sono soggette a terribili stereotipi, che sono dannosi verso la loro immagine, e sono vittime di spaventose violenze. E questo accade nei paesi cosiddetti “civilizzati”, perché se andiamo in paesi del terzo mondo, o anche solo meno ricchi, la situazione è ancora peggiore, con situazioni inaccettabili come le spose bambine.

Tuttavia, siamo sicuri che anche gli uomini non possano essere vittime della nostra società? So che può sembrare strano e che si potrebbe pensare che sia un controsenso, ma è qui che purtroppo la gente sbaglia: purtroppo, perfino gli uomini possono essere vittime del maschilismo, e questo è soltanto un’ulteriore conferma che il maschilismo è tossico per chiunque, e che andrebbe contrastato con forza e determinazione.

Il problema che io reputo peggiore, oltre che per i suoi effetti negativi, anche per quanto sia ormai radicata nella nostra mentalità, è la cosiddetta mascolinità tossica. La mascolinità tossica è quella mentalità che vede l’uomo come un mega macho che reprime i sentimenti, violento e controllato dai suoi istinti animaleschi, che deve proteggere e dominare la povera donna indifesa, la quale deve anche essergli grata per questo, e che non si pone mai in discussione perché, come macho, ha sempre ragione. Questa mentalità esaspera al limite le differenze tra uomo e donna, ponendo rigidi ruoli di genere. Tuttavia, questa mentalità, oltre che essere (evidentemente) svilente per le donne, è anche dannosa verso gli uomini, che subiscono tantissime pressioni sociali, che si vedono costretti a rispettare certe aspettative e a tenere certi comportamenti, a non poter essere sé stessi e a dover essere sempre “veri uomini” per non venire tacciati come “femminucce”. Questi sono stereotipi che si attengono al puro dato biologico, perché ormai è stato provato che psicologicamente in ogni uomo c’è un lato femminile e in ogni donna uno maschile, e non ci sono comportamenti intrinsecamente femminili o maschili. Queste differenze sono soltanto figlie di una società patriarcale e non sono qualcosa di naturale. Sono un retaggio culturale da abbattere, perché finché ci sarà una mentalità che considera una così netta differenza tra i due sessi, non ci potrà mai essere una vera parità.

La mascolinità tossica porta anche alla non tolleranza, al rifiuto di ciò che è diverso (perché mette in discussione e fa paura), alla violenza su altri uomini che non si atteggiano a machi.

Un’altra conseguenza della mascolinità tossica è il fatto di non poter raccontare di aver subito violenze da parte delle donne, perché si viene derisi o non si viene creduti. A volte capita, eppure non viene presa in considerazione dalla società; caso recente è quello di Johnny Depp: quando si credeva avesse fatto violenza sulla ex moglie, venne riempito di insulti e minacce, ma quando poi si è scoperto che fosse in realtà la ex a fare violenza su di lui, la stessa reazione non è stata avuta verso di lei, la quale non ha avuto nessuna ripercussione. È una cosa terribile perché la violenza di qualsiasi tipo va condannata in quanto atto deplorevole, che sia essa rivolta su un uomo o una donna. Ma a causa della mentalità che vede l’uomo solo come possibile carnefice e mai come vittima, molti uomini vittima di violenze stanno zitti e non denunciano, per la consapevolezza di non venire nemmeno ascoltati.

Un altro problema è la pressione che ricevono gli uomini in ambito lavorativo/economico: secondo la società la massima aspirazione di un uomo deve essere quella di avere un buon lavoro e una buona moglie, per questo l’insulto massimo che si può fare ad un uomo è “fallito”, cioè un uomo che non è riuscito nel suo “compito” di arricchirsi e sposarsi, un buono a nulla praticamente. Questa pressione non indifferente può causare una forte ansia da prestazione e anche casi di depressione. Un uomo non dovrebbe sentirsi più o meno realizzato per quanto guadagna o per essere sposato o no, un uomo (o una donna) dovrebbe sentirsi realizzato soltanto nel fare quello che gli piace e nel vivere una vita serena.

Tutti dovremmo contribuire a combattere questa vecchia mentalità che causa i problemi appena esposti, dovremmo lavorare per abbattere stereotipi e convenzioni dannosi per tutti.

Fortunatamente, almeno in occidente, c’è una piccola speranza nei giovani, che sembrano essere molto più aperti ed inclusivi dei loro predecessori, molti dei quali, comunque, hanno contribuito ad aprire la strada per una società più inclusiva. Non dobbiamo però aspettare passivamente, ma dobbiamo impegnarci attivamente ogni giorno per sradicare questa mentalità maschilista, spesso dettata dall’ignoranza, in modo da poter arrivare, in futuro, a vivere in una società egualitaria per tutti.


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