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The end of social networks

Aggiornamento: 10 mag 2023

di Elena Battista


La rivista “Internazionale” ha riproposto un articolo molto interessante del giornalista statunitense Ian Bogost, pubblicato originariamente dal giornale inglese “Atlantis”, riguardo il futuro dei media.

Secondo ciò che afferma Bogost, “è finita. Facebook è in declino, Twitter nel caos. Dopo che Elon Musk ha comprato Twitter, gli inserzionisti hanno ritirato gli investimenti e molti utenti influenti hanno lasciato la piattaforma. L'idea che l'epoca dei social network possa finire non è mai sembrata così verosimile”. Continuando a citare quello che il giornalista scrive, questo “possibile declino di Facebook e Twitter è un’opportunità”. Ma partiamo dal principio: tempo fa esistevano tantissimi social network (di cui sinceramente non ho mai sentito nominare), come Six Degrees, Friendster, MySpace, Bebo ecc… Il numero di queste piattaforme cresceva con tale velocità che fu inventato un acronimo per ironizzare su questo fenomeno: YASN “Yet Another Social Network”. Una ventina di anni fa, infatti, non esistenza ancora il termine “social media”, nato intorno al 2009 con l’introduzione degli smartphone e di Instagram, e l’obbiettivo di questi servizi era approfondire rapporti con persone conosciute. È, infatti, solo dopo il 2009 che i social media hanno dato la possibilità di condividere contenuti con un grandissimo numero di persone, soprattutto sconosciute. Bogost ci spiega che “Instagram, lanciato nel 2010, potrebbe aver gettato un ponte tra l’epoca dei social network e quella dei social media. Usava le connessioni tra gli utenti come meccanismo per l’attività principale, che era diffondere contenuti. Ma ben presto tutti i social network sono diventati soprattutto social media. […] altri servizi sono stati creati o si sono evoluti in questo senso, tra cui Snapchat e WhatsApp”. Tutto ha preso una piega diversa quando le persone hanno iniziato a guadagnare, e in alcuni casi addirittura diventare ricchi, semplicemente creando contenuti online. Sto parlando della figura dell’influencer, un ruolo particolarmente ambito dai giovani. I social media hanno dimostrato la facilità con la quale si può raggiungere un pubblico enorme a basso costo e alto profitto.

Il rovescio della medaglia, secondo Bogost, è che ora tutti pretendono di dover essere ascoltati e “i social media hanno prodotto una rappresentazione della società umana decisamente squilibrata e sociopatica”. Nonostante all’inizio il giornalista fosse assolutamente certo dell’imminente fallimento di queste piattaforme digitali, nella conclusione del suo articolo afferma che “se un cambiamento è possibile, realizzarlo sarà difficile”. Su questo sono assolutamente d’accordo, perché soprattutto le nuove generazioni sono nate e cresciute in una vita in cui i social già esistevano.


Da ragazza di 18 anni posso anch’io confermare la difficoltà nell’immaginare una vita senza un perenne contatto con il mondo esterno. Ed è qui che Bogost infatti afferma come “non è mai stata una cattiva idea usare il computer per connettersi agli altri di tanto in tanto, per motivi giustificati e con moderazione”. Il problema sta in quello che afferma dopo: “dobbiamo imparare di nuovo a contenere la vita sociale in tutto il mondo. Parlare di meno, con meno gente e meno spesso”. È qui che mi trovo definitivamente in disaccordo col suo pensiero; quello di cui abbiamo bisogno noi in questo momento è proprio la possibilità di relazionarci con realtà che non potremmo mai incontrare vicino a noi. Si parla proprio di come bisognerebbe evitare assolutamente di retrocedere invece che avanzare verso il futuro. Ritornando ad una connessione unicamente legata a chi già conosciamo, si eliminerebbe la curiosità verso l’ignoto e l’effettiva possibilità di raggiungerlo. Spesso ci capita a noi ragazzi di parlare con persone adulte e notare lo squilibrio tra la nostra apertura mentale e la loro. Con ciò non intendo insultare nessuno, ma solo far notare quanto questo fenomeno sia dovuto alle condizioni in cui si è cresciuti. Se ora siamo capaci ad adattarci, accettare le diversità e pretendere di più dalle nostre future prospettive di vita, e solo grazie e alla vastità dei social media. Per questo concludo affermando che, personalmente, non credo e non spero di vedere un effettivo fallimento di Instagram e le altre piattaforme digitali in un futuro a noi prossimo.

Ciò nonostante, non si esclude che i social abbiamo tanto ancora da migliorare. È innegabile che al giorno d’oggi sono in molti a farne cattivo uso, e chi se ne compete dovrebbe trovare il modo di ridurre il più possibile attività illecite. Con questo mi riferisco, per esempio, alle ormai frequentissime fake news, che a causa della facilità di diffusione fornita dai social, finiscono sotto gli occhi di chiunque influenzando così l’opinione pubblica, specialmente coloro che non verificano e non approfondiscono. In qualsiasi caso, non potendo più eliminare i social dalle nostre vite, dovrebbe essere nostro interesse poter contare su un luogo sicuro in cui “navigare”.


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