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  • Immagine del redattoreIl Foglio di Villa Greppi

Parliamo ancora di stupro, purtroppo

di Gianluca Di Leo

Nell’ultimo periodo è diventato virale l’infelice video del leader del Movimento 5 stelle Beppe Grillo, in cui, tra urli e schiamazzi, dice la sua riguardo alle accuse di stupro rivolte al figlio, non risparmiandosi affermazioni controverse, che lo hanno portato alla gogna mediatica.

Il video in questione, se fosse stato fatto da una persona qualsiasi non sarebbe stato giustificabile, ma per lo meno comprensibile, dopotutto deve essere terribile per un padre sapere che il figlio viene considerato uno stupratore ed è naturale che cerchi di scagionarlo. Ma dal leader e fondatore di uno dei partiti politici italiani più votati e influenti, questa cosa è inaccettabile: un politico non può permettersi di fare un video del genere, in quanto persona pubblica a cui una parte degli italiani ha dato la sua fiducia. Fare una tale scenata, oltre a dare una brutta immagine di sé, è inutile e controproducente, qualsiasi sia il verdetto del processo al figlio: se venisse giudicato innocente, avrà comunque fatto una brutta figura e tutti si ricorderanno della sua pessima performance; mentre se venisse giudicato colpevole, perderebbe la faccia per aver difeso uno stupratore.

Oltretutto, il video contiene alcune affermazioni che definire discutibili sarebbe un eufemismo. Infatti Grillo dice che nel video dell’infausta vicenda, erano tutti in mutande ed ubriachi e stavano ridendo, definendo i ragazzi come “co****ni” e non stupratori, come a dire che se in quel momento si stavano divertendo, non è possibile che dopo possa accadere uno stupro, cosa del tutto sbagliata, in quanto uno stupro può accadere in qualsiasi momento, e quando una violenza sessuale viene perpetrata in gruppo, spesso è per divertimento.

Il politico poi porta come “prova” per confermare l’innocenza del figlio il fatto che la donna abbia aspettato una settimana prima di denunciare l’accaduto. Questa affermazione è gravissima, in quanto non considera tutti i problemi psicologici derivanti da un abuso: una donna che viene stuprata non necessariamente se la sente di denunciare subito la violenza, infatti sul momento può sentirsi impura, sporca e avere paura di denunciare per timore di essere considerata una poco di buono e per paura di non essere creduta. Una persona può avere bisogno anche di mesi o anni per realizzare il fatto e per trovare il coraggio di denunciare l’aggressione, e il passare del tempo non sminuisce assolutamente il crimine. Quindi è assolutamente sbagliato, oltre che insensibile ed irrispettoso verso le vittime, affermare che uno stupro non sia avvenuto solo perché la denuncia è arrivata “solo” dopo una settimana.


In Italia il 3% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito uno stupro, mentre il 3,5% ha subito un tentato stupro. Questo dato, a differenza di altri tipi di violenza, non ha subito alcuna diminuzione di casi dal 2006 al 2014 (dati ISTAT). Questo fatto è gravissimo, anche perché ancora oggi lo stupro viene sminuito e si tende a partire prevenuti a riguardo; spesso poi la colpa viene fatta ricadere sulla donna, sui suoi modi apparentemente “provocanti”, sul suo abbigliamento e sul fatto che fosse sola, come se fosse colpa della donna se il “povero uomo” non abbia potuto controllare i propri istinti primordiali.

Questa mentalità deve finire, e c’è solo un modo per distruggerla una volta per tutte: educare i bambini al rispetto, al consenso, all’educazione sessuale ed affettiva, anche per rimuovere l’immagine di uomo-predatore che non può contenersi, solo così si può sperare in un futuro migliore.

Certo è difficile: ci sono quartieri degradati nelle periferie urbane dove i bambini sono in continuo contatto con la violenza e la sopraffazione, e combattere contro questi esempi è arduo. Ma questo non deve fermare l’idea di una società più equa e il progresso deve partire innanzitutto da noi e dal modo in cui cresceremo la nuova generazione, quindi: impegniamoci tutti per creare una società più giusta.


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