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  • Immagine del redattoreIl Foglio di Villa Greppi

Nuovi libri in biblioteca per tutti i gusti: ecco quali (parte seconda)


Combinando fantasia e inquietudine a volontà, i racconti di Baldini sono una calamita che attirano e non mollano fino all'ultima pagina. «È come se attorno al fuoco delle veglie notturne dei contadini di una volta, a raccontare storie di paura e di forti emozioni, ci fosse stato un narratore esperto di tecniche di suspense e mistero. Uno così, in America, si chiama Stephen King. Da noi, in Italia, è Eraldo Baldini.» - Carlo Lucarelli

Bambini un po' troppo curiosi scompaiono sulle pendici di un monte, forse abitato da piccoli esseri misteriosi. Un uomo che lavora in un Consorzio agrario riceve attenzioni troppo pressanti da parte dei vecchi genitori. Una bellissima Cenerentola dei nostri tempi tarda troppo a tornare a casa nella Milano della moda. Tranquilli pescatori vanno in cerca di cadaveri di turisti annegati. Un ragno enorme perseguita l'abitante di una casa, fino alla follia.


In questa nuova avventura, il Cavaliere Paride Frattolini, tornato dall'America pieno di dollari e di idee, insiste nel suo caparbio progetto di piegare ai propri voleri la Provvidenza. Convinto che un'antica mappa provi che i Templari avevano incominciato proprio in Friuli la costruzione del terzo tempio di Gerusalemme, si accinge a concluderne l'opera. L'appuntamento è sulle aspre colline del Carso, dove, in una casa isolata e fatiscente, Camilla e Gottardo, insieme con altri collaboratori, si trovano ad ascoltare la Nuova Verità. Ma, nell'affannosa ricerca della mappa, i due giovani s'imbattono nel primo cadavere. Allora, col Cavaliere ricoverato in sala di rianimazione, Camilla e Gottardo devono contro voglia accollarsi la sua missione e vagare per il Friuli inseguendo verità tutt'altro che celesti. E nel frattempo la madre di Gottardo, l'inossidabile Signora Cecutti, dov'è finita?


Imre Toth è uno dei maggiori filosofi della matematica viventi.

Il libro (in francese con la traduzione a fronte) riporta gli atti di un convegno in cui l'autore racconta con un linguaggio colto ma colloquiale cosa ha significato, per un uomo, essere ebreo prima e dopo l'olocausto.















Una testimonianza emozionante per conoscere un uomo dalle mille risorse e profondamente legato alla sua terra d'origine, e per imparare a non arrendersi mai, perché ogni ostacolo è un’opportunità per scoprire chi siamo veramente. La vita è davvero imprevedibile. Quando ti sembra di avere tutto, di punto in bianco il destino bussa alla porta. E succede che nel giro di un attimo la tua vita cambia così all’improvviso da scuoterti nel profondo. È quello che è accaduto a Oney Tapia nel 2011: mentre lavorava come tree climber alla potatura di un albero, un ramo gli è caduto sugli occhi facendogli perdere per sempre la vista. All’improvviso il buio ha avvolto il suo mondo, costringendolo a fare i conti con la cecità, una condizione nuova e drammatica. Lui, che è sempre stato un uomo d’azione, atletico e instancabile, è dovuto scendere a patti con una realtà durissima e all’inizio totalmente sconosciuta. Senza vedere, fare le cose di tutti i giorni, anche quelle semplici e banali, diventa la più grande delle sfide. Ma Oney è un guerriero nato e cresciuto a Cuba, e non rimane con le mani in mano. Si butta nello sport per tirare fuori l’energia e la voglia di fare. E così ha ritrovato la gioia di essere vivo, oltre a capire la straordinaria opportunità che questo incidente – “una benedizione”, come ama definirlo lui – gli ha dato: la possibilità di conoscersi meglio, di capire le sue potenzialità, di trovare un nuovo equilibrio interiore e persino di vincere l’argento per il lancio del disco alle Paralimpiadi del 2016. Perché, come dice Oney Tapia, “nella vita tutto è possibile e i limiti che incontriamo li mettiamo noi per primi”.


I Nisidiani sono un collettivo di scrittori che hanno incontrato i ragazzi di Nisida nel corso di un laboratorio di scrittura che si è svolto all'interno dell'istituto, hanno parlato con loro, ne hanno raccolto gli scritti e le storie. Hanno utilizzato questa materia vivissima e incandescente per dare vita a un esperimento letterario unico nel suo genere: scrivere un romanzo in sette, mescolando lingue, stili, linee narrative. A farli incontrare e a suggerire e curare quest'ipotesi di lavoro comune è stata Maria Franco, docente a Nisida da più di trent'anni, una delle vincitrici nel 2017 dell'Italian Teacher Prize.








Nella Germania degli anni Trenta, due ragazzi sedicenni frequentano la stessa scuola esclusiva. L'uno è figlio di un medico ebreo, l'altro è di ricca famiglia aristocratica. Tra loro nasce un'amicizia del cuore, un'intesa perfetta e magica. Un anno dopo, il loro legame è spezzato. Questo accade in Germania, nel 1933...

"L'amico ritrovato" è apparso nel 1971 negli Stati Uniti ed è poi stato pubblicato in Inghilterra, Francia, Olanda, Svezia, Norvegia, Danimarca, Spagna, Germania, Israele, Portogallo. Introduzione di Arthur Koestler.

"Uno dei testi più densi e più puri sugli anni del nazismo in Germania... Tra i romanzi più belli che si possano raccomandare ai lettori, dai dodici anni in su. Senza esitazione." (Le Monde)



L’enigmatico protagonista dei “piccoli poemi in prosa” che costituiscono Lo spleen di Parigi è un flâneur solitario che si aggira per i «labirinti di pietra» di Parigi, ama appassionatamente il mistero ed è pronto a trovare seduzioni e malie a ogni angolo di strada. In lui le «fiamme della fantasia» possono accendersi «soltanto sotto il lutto profondo della Notte», e al suo vagabondare dietro le facciate delle case corrisponde il vagabondaggio di una prosa che insegue gli «ondulamenti della fantasticheria» e i «soprassalti della coscienza», sempre pronta a smarrirsi per ritrovarsi più vicina alla verità. È l’esplorazione della vita moderna, il viaggio in fondo alla notte, nel vortice in cui Baudelaire è stato uno dei primi ad avventurarsi, in quell’abisso dove sono sospesi per un eterno attimo il bene e il male.


Iniziato nel 2006 e chiuso d’autorità tre anni dopo, il blog dell’artista e architetto Ai Weiwei si è imposto all’attenzione internazionale come una delle testimonianze culturali e politiche più coraggiose della Cina contemporanea. Critico implacabile del potere, nel solco della tradizione degli “intellettuali pubblici” del Novecento, Ai ha ripreso nei suoi scritti le rivendicazioni di pluralismo soffocate nel sangue a piazza Tienanmen nel 1989, usando internet per denunciare le conseguenze materiali e morali ‒ occultate dalla propaganda di regime ‒ del modello di sviluppo cinese: la mancanza di diritti politici, il feroce sfruttamento del lavoro, la distruzione dell’ambiente e della memoria storica, la repressione violenta delle minoranze, l’arroganza impunita dei ricchi e dei potenti, il rigido controllo dell’opinione pubblica. Sfidando la censura, Ai Weiwei ha creato un’inedita forma di resistenza civile e culturale: nei suoi post si alternano critica e denuncia, si discutono le ultime novità artistiche, si additano impietosamente le ipocrisie ufficiali, si mettono a nudo con umorismo e forza polemica le menzogne, il cinismo, la rassegnazione indotti da un potere che tra paternalismo e mano dura mantiene i propri cittadini in un’eterna infanzia nella quale i riti consumistici hanno sostituito la mobilitazione permanente dell’epoca di Mao. Il blog di Ai Weiwei ora tradotto in italiano rappresenta anche una prova della forza di resistenza dell’arte, una scommessa sulla sua capacità rigeneratrice. Rinnovando l’impulso dell’avanguardia moderna, il diario digitale di Ai diventa un dispositivo di mobilitazione collettiva, una “scultura sociale” che oltrepassa i confini della creatività tradizionale per sollecitare domande urgenti sul ruolo e sulla responsabilità dell’artista, degli spettatori, di tutti noi. Una scultura viva, un agente di trasformazione del mondo grazie al quale la dimensione della moltitudine che caratterizza il nostro campo sociale può acquistare autoconsapevolezza e scoprire la propria forza, ritrovando il valore essenziale della verità e con esso la possibilità di un tempo e di uno spazio diversi, a misura di un’umanità più completa, e più libera.

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