di Silvia Crotta
Lo scorso giovedì 10 ottobre a Stoccolma, in Svezia, è stato consegnato il Premio Nobel per la Letteratura all’austriaco Peter Handke, classe 1942. Durante la premiazione la commissione giudicatrice ha dichiarato che ‘la sua opera influente ha esplorato con ingegnosità linguistica la periferia e la specificità dell’esperienza umana’, in quanto ha trattato svariate volte temi molto delicati come i conflitti nei Balcani ed il genocidio di Srebrenica, in cui, negli anni Novanta, vennero massacrati circa ottomila musulmani per conservare l’identità e la purezza del gruppo etnico. Ma, da una settimana a questa parte, moltissime sono state le critiche da parte di numerose persone che ritengono che l’assegnazione del Premio Nobel a Handke sia stata inadeguata, perché ebbe la sfrontatezza di difendere ‘il diavolo’, schierandosi dalla parte dei Serbi, giustificandosi dicendo che erano stati provocati e negando che la responsabilità del genocidio della popolazione mussulmana fosse loro. Inoltre, fece un elogio funebre al leader nazionalista serbo Slobodan Milosevic, che venne condannato a morte per crimini di guerra contro l’umanità.
Ad oggi non si riesce a capire completamente perché Peter Handke, provenendo da una famiglia assolutamente antifascista, abbia preso queste posizioni che appaiono insensibili e atroci. In un’intervista rilasciata subito dopo la premiazione, ha spiegato che la sua non è una posizione politica, ma che, essendo scrittore, aveva solo intenzione di testimoniare il lato più oscuro della storia, stanco di sentire sempre la versione positiva. Ed ancora, successivamente al funerale di Milosevic, trovò un’altra giustificazione per essere stato presente alla cerimonia funebre: disse che voleva semplicemente essere testimone, senza schierarsi dalla parte della ragione o del torto.
Inoltre, nel 2006 criticò il Premio Nobel per la Letteratura, considerandolo ridicolo e senza senso. Però, nel momento in cui gli è stata comunicata la sua vittoria, egli stesso ha detto che sarebbe andato personalmente a ritirare il riconoscimento, in quanto lo riteneva (e ritiene tuttora) un bene per la letteratura, che di giorno in giorno sta diventando sempre meno importante.
Ci troviamo quindi di fronte a numerosi controsensi da parte di Handke, che non appare in grado di trarre delle conseguenze coerenti. Ma una cosa è certa: la maggior parte delle persone, ed in particolare chi apprezza davvero la letteratura, asserisce che Handke abbia accettato il Premio Nobel non solo per una questione di soldi, ma sarebbe stato un modo per omaggiare tutti quei mostri che furono responsabili dell’uccisione delle minoranze etniche. Si ritorna quindi al punto di partenza: se fosse così la sua sarebbe una posizione politica ben precisa, non una semplice testimonianza.
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