di Gilberto Pirovano
A ghè la pandemia: porta pasènzia e sta quatà
In questo strano periodo della nostra vita dobbiamo cambiare il modo di comportarci e sopportare lunghi momenti di isolamento: porta pasènzia e sta quatà (porta pazienza e stai al riparo)
Anche in passato il nostro territorio è stato interessato da epidemie, come la peste del ‘600, descritta ne “I promessi sposi”. In molti paesi della Brianza si trovano infatti vie e chiesine, spesso poste in luoghi isolati, che portano il nome “via della foppa”, “I morti del foppone” o simili. Si riferiscono ai morti di peste che venivano sepolti in fosse comuni (le foppe).
Più recentemente, negli anni ’20 del secolo scorso, ai nostri nonni e bisnonni è toccata l’epidemia della cosiddetta “spagnöla”, una forma influenzale molto grave che ha portato alla morte centinaia di persone in Brianza. Anche allora le precauzioni di base erano le stesse di oggi: il distanziamento - stàm minga del pé - (non starmi vicino); la protezione individuale - mét sö la pezzöla - (mettiti la mascherina); non frequentare posti affollati - stà a cà tùa (stai a casa) e lavati le mani – làva i màn cul savòn (…col sapone).
Noi abbiamo un’altra arma contro i virus che loro non avevano: la vaccinazione. Per il resto dobbiamo fare quello che facevano i nostri antenati cento anni fa e aspettare il vaccino.
Poichè siamo appena entrati nell’anno nuovo ci sta bene un proverbio beneaugurante. Eccolo:
Quest’àn, a San Silvéster, el tira sö la cavàgna e ‘l va a l’éster.
Questo anno, a San Silvestro, prende la sua cesta e va all’estero. Cioè se ne va definitivamente portando con sé le sue cose… Speriamo che sia stato proprio così!
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