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Immagine del redattoreIl Foglio di Villa Greppi

L’ARABIA SAUDITA ALLA CONQUISTA DEL CALCIO

di Edoardo Gatti


Ronaldo, Benzema, Neymar. Poi Ruben Neves, Kantè, Mendy, Koulibaly. E l'impressione è che non si fermerà qui la girandola di grandi nomi in direzione Arabia Saudita, che sta mettendo in atto, con tutte le sue forze, un vero e proprio progetto di conquista del calcio europeo, attraverso un gigantesco piano di investimenti volto ad accrescere l'appeal e il valore del campionato nazionale (dagli attuali 120 milioni fino a 480 milioni di introiti), e a favorire lo sviluppo dello sport e dell'intrattenimento su larga scala. Insomma: la Roshn Saudi League vuole essere uno spettacolo a 360 gradi. Un ‘’All Star Game’’ trasportato su prato verde.

L'obiettivo è chiaro: inserirsi di prepotenza nella cartina geografica del calcio che conta. E in questo processo gioca un ruolo importante l'agenda "Saudi Vision 2030", che si pone come traguardi l'indipendenza dal petrolio e la diversificazione degli introiti. Dunque, quale veicolo più efficiente del caro vecchio pallone per portare l'economia allo step successivo?

Non solo. Perché la vera ambizione del Paese è quella di guadagnarsi la possibilità di ospitare i mondiali, sogno che verrà formalizzato a breve: l’Arabia Saudita, infatti, accoglierà la massima competizione calcistica nel 2034. Ed è già al lavoro per arrivare preparata ad un appuntamento a suo modo storico, attirando capitali, sponsor e attenzione mediatica e anche, soprattutto, con lo scopo di ripulire la propria immagine internazionale dalla spinosa e controversa questione dei diritti umani, considerata generalmente lontana dagli standard occidentali.

In un marcato processo di ‘’sportwashing’’, con il quale crearsi, proprio attraverso lo sport, i presupposti per recuperare credibilità e reputazione insabbiando quelle condotte considerate illecite. L’Arabia Saudita, in tal senso, vuole porsi in continuità con quanto fatto dal Qatar, lo scorso anno casa del mondiale nonostante le critiche e le questioni tutt’ora aperte su libertà individuali e di espressione e condizione delle donne. Questioni che riguardano anche il Regno, finito più volte in un vortice di polemiche per i vari episodi di repressione, maltrattamenti, esecuzioni e arresti di dissidenti e attivisti.

Dietro a tutto ciò, c'è la forte influenza del ricchissimo fondo PIF, che nello sport è molto attivo tra Formula Uno, Formula E, wrestling e golf. In più, ad ottobre 2022 ha acquistato il Newcastle, un primo forte segnale di presenza, per poi arrivare a possedere il 75% delle quote delle quattro squadre più blasonate del campionato arabo: Al-Nassr, Al-Hilal, Al-Ahli, Al-Ittihad. Squadre in cui, per l'appunto, si sta concentrando la diaspora dei grandi giocatori europei, creando uno squilibrio netto con gli altri club del campionato che non godono della potenza del fondo sovrano, capeggiato dal principe ereditario nonché primo ministro saudita, Mohammed Bin Salman. Proprio colui che ha spinto, nel 2016, l'approvazione del sopracitato piano strategico "Saudi Vision 2030".

Insomma, dietro a questo progetto c'è il pieno supporto di un'intera nazione. Resta solo da capire come si evolverà, fin dove può realmente spingersi. E, cosa più importante, se potrà contribuire alla crescita e all’evoluzione di una società fin troppo chiusa nella sua inossidabile cultura.

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