di Mirea Mascheri
Nel mese di novembre, Ahoo Daryaei, attivista e artista di origine iraniana, è finita al centro di un acceso dibattito dopo aver compiuto un'azione di protesta pubblica nel campus universitario della Science and Research University di Teheran: la giovane, infatti, ha scelto di spogliarsi e camminare seminuda in un contesto pubblico. Il suo gesto ha attirato l’attenzione di studenti, passanti, media, autorità; le sue immagini hanno fatto il giro del mondo.
Il gesto di Daryaei è stato interpretato come una protesta contro le leggi e le restrizioni imposte alle donne in Iran, in particolare la costrizione al velo e altre forme di controllo sul loro corpo. Questo atto si inserisce all’interno delle sue precedenti azioni di attivismo, attraverso le quali Ahoo ha cercato di denunciare la situazione delle donne nel proprio paese d’origine, da sempre caratterizzata da severe restrizioni sulle libertà personali e civili.
Le conseguenze non sono state leggere: secondo le testimonianze, Ahoo sarebbe stata costretta ad entrare all’interno di una macchina bianca e portata in un ospedale psichiatrico, poiché giudicata "pazza" a causa delle proprie azioni, per poi essere sottoposta a un trattamento sanitario involontario.
Questo episodio ha sollevato interrogativi sul trattamento riservato agli attivisti e sulle possibili implicazioni politiche di simili azioni di protesta, in particolare in un paese come l’Iran, dove le voci dissidenti vengono spesso marginalizzate e poste sotto controllo.
La vicenda ha suscitato una forte reazione, sia da parte dei sostenitori di Daryaei, che hanno denunciato il trattamento subito, sia da chi ha criticato il gesto come eccessivo.
In ogni caso, "l’incidente" all’ospedale psichiatrico ha aggiunto un ulteriore strato di complessità alla discussione sulla libertà di espressione e sul diritto di protestare, sollevando interrogativi su come le autorità iraniane reagiscano in maniera molto forte e severa a manifestazioni di dissenso, anche quando queste sono pacifiche.
La ragazza è, in seguito, stata liberata, in quanto ritenuta «malata di mente», e affidata alle cure della famiglia.
Ahoo Daryaei è seguita ora da molte persone che continuano a seguire l’evolversi della vicenda attraverso i suoi canali social, dove la giovane ha cercato di fare chiarezza su quanto accaduto. La sua storia ha riaperto il dibattito su come le azioni di protesta vengano interpretate e gestite e su quale sia il limite tra il diritto di manifestare e la repressione delle libertà individuali.
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