di Elena Battista
Già dall’anno scorso il movimento “giù le mani dal mio hijab” si è diffuso sui social, fondato da giovani mussulmane francesi che si sono mostrate ostili verso le proposte dei senatori di Parigi contro l’uso del dell’hijab. Nel 2021, infatti, è stato avanzato un disegno di legge progettato per “rafforzare i valori secolari della Francia” che negava la libertà di indossare il velo tradizionale islamico per le ragazze minori di 18 anni.
Ma partiamo dal principio; la Francia è ufficialmente uno stato fermamente laico con nessuna preferenza religiosa. Ma è davvero così? Il ruolo della religione e i suoi simboli sono sempre stati una controversia per il Paese, dove già a Parigi nel 2004 si era proibito il velo islamico nelle scuole, nel 2010 il niqab (il velo che copre tutto il corpo) nei luoghi pubblici e nel 2019 una legge vietava alle madri che indossavano l’hijab di partecipare alle gite scolastiche o di accompagnare i figli a scuola e, ancora, in alcune zone è stato proibito d’indossare il burkini (il costume da bagno usato dalla donne musulmane). Molte musulmane iniziarono a sentirsi indignate da questa decisione, che le impediva di esprimere la loro identità, definendola una legge discriminatoria. I legislatori francesi si sono giustificati definendo la loro proposta come un modo per proteggere i più giovani e impedire ai genitori di imporre dogmi su di loro.
Ma quest’anno tutte queste restrizioni non sono sembrate abbastanza; il Senato francese ha tentato di vietare l’uso del velo nelle competizioni sportive. La proposta era stata approvata dal Parlamento agli inizi di gennaio, e, prima del voto, il partito di destra les Républicains aveva modificato la proposta di legge, che inizialmente riguardata i simboli religiosi in generale, menzionando esplicitamente l’uso dell’hijab. Qual è stata questa volta la scusa dei senatori? “Se l’uso del velo non è esplicitamente vietato, potremmo assistere alla nascita di club sportivi comunitari che promuovono alcuni segni religiosi” si legge nell’emendamento, aggiungendo, poi, che il velo poteva essere un potenziale pericolo per la sicurezza stessa di chi lo indossava. Fortunatamente, il 2 marzo l’emendamento è stato bocciato, grazie a una forte opposizione della società.
E poi, a pochi giorni dalle elezioni, Marine Le Pen, candidata di estrema destra alla presidenza francese, afferma in diretta radio: “Multeremo chi indossa il velo, verrà inflitta una contravvenzione così come accade per il divieto di circolare senza la cintura di sicurezza”. La leader del partito Rassemblement National vuole, quindi, spingersi ancora oltre, vietando ufficialmente l’uso dell’hijab. Essa ha specificato il riferimento al velo islamico perché “in questi ultimi venti anni questo velo è stato usato dagli islamisti come uniforme e come dimostrazione dell’avanzata del fondamentalismo islamico”.
Il 10 aprile si è chiuso il primo turno di elezioni presidenziali 2022 in Francia, con il 27,6% di voti per il presidente uscente Emmanuel Macron e il 23,41% per Marine Le Pen. Bisognerà aspettare il 24 aprile per il ballottaggio dei due oppositori e avere il risultato definitivo.
Ciò che più mi indigna è che lo stesso motto alla base della Repubblica Francese è “Liberté, Égalité, Fraternité”, definendo così la libertà come il fondamento della democrazia; ma allora dov’è questa tanto citata “libertà” per le donne musulmane? Oppresse dalla volontà di ultra-cattolici con la mania del controllo, esse non sono libere di vestirsi come preferiscono, esprimere la loro identità e devozione religiosa, perché rischiano una multa se solo osano indossare il velo che copre i capelli in pubblico.
Se proprio siamo così solidi sull’idea di impedire il velo islamico, e si vuole far credere che non sia un atto discriminatorio, perché non estenderlo a tutti? Non ho sentito nessun riferimento al velo delle suore cristiane, nonostante anch’esso copra una parte del volto, in particolare la fronte, nel discorso di Marie le Pen. In questo modo la Francia, nonché nazione che ospita la più grande popolazione musulmana dell’Europa occidentale, si dimostra anch’essa corrotta dall’islamofobia globale.
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