di Riccardo Porta
Il 10 gennaio scorso, a Beverly Hills, si è tenuta, come ogni anno, la premiazione dei Golden Globes, per i migliori prodotti televisivi e cinematografici dell’anno precedente. La cerimonia, giunta alla sua ottantesima edizione, è ritenuta molto importante perché pone le basi per gli Oscar e i vincitori del globo dorato hanno poi molta probabilità di guadagnare la statuetta dell’Academy a marzo.
Quest’anno, oltre che per la vittoria di The Fabelmans di Steven Spielberg nella categoria miglior film, i Golden Globes hanno fatto parlare di loro a causa della categoria “miglior attore in una miniserie o in un film televisivo”. In lizza per questo premio vi erano infatti diversi attori, protagonisti di alcune delle serie meglio realizzate del 2022, come Colin Firth per The Staircase, Taron Egerton per Black Bird, Andrew Garfield per In nome del Cielo, o Sebastian Stan per Pam & Tommy, ma a guadagnare il prestigioso riconoscimento è stato Evan Peters, protagonista di Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer, uscito su Netflix lo scorso settembre. Nella serie, Peters interpreta appunto Jeffrey Dahmer, spietato serial killer cannibale accusato di aver ucciso diciassette persone. Sul web, moltissimi si sono congratulati con il giovane attore che, nel corso delle dieci puntate della serie, interpreta magistralmente lo spietato omicida, ma, come sempre, sono anche sorte numerose polemiche. La maggior parte di esse sono partite direttamente da un’intervista rilasciata a un quotidiano americano da Shirley Hughes, la madre di una delle vittime del serial killer. Ella ha ritenuto inappropriata la vittoria dell’attore e della serie. Secondo la sua opinione infatti, portare al successo una serie che ha come protagonista un personaggio così negativo potrebbe far nascere in qualcun altro la volontà di diventare altrettanto celebre e quindi spingere persone che soffrono di gravi disturbi mentali a compiere atti simili a quelli di Dahmer. Inoltre, la donna trova ingiusto che le grandi società dell’intrattenimento monetizzino su una tragedia simile e sulle vittime di uno spietato criminale. Le accuse della donna sono ricadute anche sul vincitore della categoria, che durante il suo discorso di ringraziamento per il premio, non ha nemmeno nominato le vittime del killer o le loro famiglie. Infine ha criticato lo sceneggiatore Ryan Murphy per non aver contattato i familiari delle vittime prima di scrivere la serie. Murphy si è difeso dicendo di aver provato a mettersi in contatto con essi senza successo; intanto i social si sono divisi, e moltissimi hanno dato ragione alla donna, soprattutto sul discorso dell’attore, che avrebbe potuto dedicare almeno un momento di silenzio come segno di rispetto per coloro che hanno perso la vita a causa del folle assassino. Della questione etica della serie, ovvero se sia giusto o no lucrare su determinati argomenti, dobbiamo però parlare in modo più approfondito.
La signora Hughes dice, nella sua intervista, che serie di questo genere sono pericolose per persone che soffrono di disturbi mentali e che vogliono provare a imitare Jeffrey Dahmer. La donna non ha però completamente ragione: quando viene realizzato un prodotto come “Mostro”, l’intenzione degli scrittori è di far conoscere una storia che altrimenti sarebbe sconosciuta alle persone, soprattutto a quelle non americane che non conoscono la storia di quest’uomo. Dunque “Dahmer”, e le serie sulla sua falsa riga, hanno uno scopo informativo, e vogliono anche far capire dove si ha sbagliato con questi soggetti, in modo che tragici eventi come quelli raccontati non avvengano più. Molte serie tratte da storie vere utilizzano, per esplicitare ancora di più questo messaggio, scritte che compaiono prima e dopo gli episodi, che fanno una cronaca degli eventi realmente accaduti e permettono di capire se e dove la storia viene distorta o romanzata a scopi televisivi e dove invece non si tratta d’altro che della crudeltà dei fatti.
Il caso ha riaperto un grande dibattito che su Internet viene affrontato frequentemente: tutte le storie possono essere raccontate sul grande o piccolo schermo, oppure si potrebbe evitare di parlare di alcuni eventi in segno di rispetto?
La società di oggi sta imparando a sdoganare molti argomenti che prima erano ritenuti tabù, e infatti capita sempre più frequentemente di vedere film e serie più “particolari”, che raccontano storie che a primo impatto ci sembrano inadatte o troppo eccentriche. Ma ogni storia, secondo me, merita di essere raccontata se essa ha un messaggio da dare, uno spunto su cui riflettere, un punto di vista nuovo, in grado di farci cambiare il modo di vedere il mondo o un nuova maniera di rappresentare anche ciò che ci sembra scontato.
Il bello del cinema e della televisione è proprio questo.
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