di Letizia Sala
Conosciamo tutti -purtoppo- il fenomeno del body shaming, l’attacco gratuito verso corpi altrui. L’obiettivo civile e auspicabile dovrebbe essere quello di sensibilizzare in materia, affinché episodi di tale forma di bullismo cessino definitivamente di esistere, la tendenza, però, sembra essere quella opposta.
Il titolo, naturalmente provocatorio e satirico, rimanda alla natura forse più becera, più stupida, di un fenomeno già di per sé mostruoso. Il body shaming è infatti diventato un’arma politica, un mezzo con cui fare propaganda mettendo in luce i difetti fisici di un avversario politico -guarda caso- di particolare rilevanza o di qualcuno dalle opinioni opposte alle proprie. E nessuno sembra astenersi da questa corsa agli armamenti: proprio loro che dovrebbero dare il buon esempio (giornalisti, politici, opinionisti dal grande seguito) si comportano come dei bambini, colpevoli di prendere in giro i propri compagni quando la maestra non guarda.
Inutile dire che la scelta del nuovo esecutivo del governo Draghi ha scatenato la fantasia di tutti. Giornalisti, caricaturisti, comici, opinionisti e gli stessi politici, si sono permessi di insultare gratuitamente l’aspetto degli uomini e delle donne che hanno ora il compito di aiutare i cittadini del Paese (tra i quali, per uno strano paradosso, figurano anche quelli che si prendono gioco di loro). Al centro di questo sfortunato brainstorming di scemenza pare essere il ministro per la Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta. L’attenzione dei più non è stata rivolta alle sue idee politiche, alle dichiarazioni passate, agli obiettivi da raggiungere in questo nuovo governo. Niente di tutto questo. Ci si è concentrati solo sul suo metro e quarantatré di statura, tant’è che i termini di ricerca Google “Renato Brunetta Altezza” hanno avuto un’impennata da fine gennaio.
“Un profilo fin troppo alto” scrive “Il Fatto Quotidiano”. Similmente, “Libero” gli dedica addirittura la prima pagina: “Brunetta, ministro di alto profilo”. Vedere che dei giornalisti, che hanno tra le proprie mani il potere di influenzare l’opinione pubblica, si lasciano andare a misere battutine fa un po’ vergognare. Commentassero le idee politiche! Dov’è la connessione tra ciò che si è esternamente e ciò che si fa per aiutare il Paese? Ve lo dico io: non c’è. È stato fatto per ottenere il riso. Il risultato, però, è stata una risata amara. Perché basta mettersi nei panni del ministro che il gioco, che nemmeno era bello, già finisce.
Chi non è mai stato preso in giro per un particolare fisico durante gli anni dell’asilo e delle elementari? E svegliarsi un giorno e vedere che quegli stessi bulli del cortile della scuola ora scrivono per quotidiani nazionali fa male. Come, del resto, fa male sapere che quello di Brunetta non è l’unico caso. Provate a chiedere alla ex ministra Bellanova come ci si sente a essere paragonati a delle balene. O alla ex ministra Azzolina, la cui scelta di indossare il rossetto color rosso acceso ha scatenato un’orda, protrattasi per mesi, di battute infelici e paragoni vergognosi. O, ancora, a Stefania Pezzopane, eletta alla Camera dei deputati, di cui non si commentano gli studi, la laura in Scienze Politiche o le idee, ma solo il peso e l’altezza. Ciò che spaventa è che l’elenco potrebbe essere infinito. Come può la gente sentirsi in dovere di commentare il fisico o le scelte di vestiario e di trucco altrui?
Serve una rivoluzione etica. Serve sensibilizzare. Serve non avere più bulli. Solo qualche mese fa la giornalista Giovanna Botteri veniva criticata per la “ricrescita” ostentata e la decisione di non tingersi i capelli, ma di lasciarli piuttosto del loro colore grigio. L’altro giorno questa stessa giornalista è apparsa a Che Tempo Che Fa da Fabio Fazio. E i suoi capelli erano biondi. Ora, non possiamo sapere i motivi esatti di questa sua scelta. La speranza è che l’abbia fatto solo per se stessa. La sensazione, però, è che l’abbia fatto perché stanca di tutte le critiche ricevute. Ecco, vedere che una persona viene condizionata dagli insulti che la massa compie nei suoi confronti fa ribrezzo. E fa ancora più ribrezzo la totale assenza di parole di scusa. Come nel caso più recente, che ha visto Selvaggia Lucarelli commentare il trucco di Giorgia Meloni.
Giustamente, è stato fatto notare all’opinionista che il commento avrebbe potuto -e dovuto- vertere su altro, piuttosto che sull’ombretto brillantinato della deputata, in quanto quest’ultima, come tutti, è liberissima di truccarsi come meglio crede senza dover temere di essere presa in giro. La risposta della giornalista? Un nuovo post. Ma non di scuse, sia chiaro, piuttosto un’altra foto di se stessa con lo stesso trucco della Meloni e il commento “BodySHINING”. Uno sbeffeggiamento non solo dell’ombretto, ma anche di chi le ha ricordato che commentare l’apparenza altrui non è permesso a nessuno. Un ergersi al di sopra degli altri. Una presa in giro a chi correttamente la accusa di aver preso in giro. Un loop senza fine.
Tutta questa indifferenza da parte dei nuovi bulletti, tutto questo non rendersi conto della bassezza a cui si è arrivati, fanno pena. Davvero. Perché a parlare dovrebbero essere le idee, non i vestiti, il corpo o il trucco. Che siano le opinioni a essere messe sotto giudizio, non rossetti e ombretti. Altrimenti, non ne usciamo: rimaniamo incastrati in questo orrendo loop, dove tutta l’Italia non è altro che il cortile delle elementari durante la ricreazione. E noi ci meritiamo di meglio. Noi siamo meglio
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