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Immagine del redattoreIl Foglio di Villa Greppi

ANONYMOUS E LA CYBERGUERRA

di Letizia Sala


Trovare un nome più ossimorico sarebbe stato difficile. Infatti, nonostante l’anonimato dei singoli partecipanti, l’identità di Anonymous è tutt’altro che indefinita.

Questo gruppo di hacker sta avendo un ruolo chiave nell’attivismo relativo alla guerra russo-ucraina. Ma qual è l’effettivo ruolo di questa organizzazione? Qual è l’obiettivo? E, soprattutto, quanto è grande la minaccia di una cyberguerra?

Il gruppo nasce nel 2003 come collettivo di hacker attivisti. Raduna gli esperti informatici più bravi al mondo, capisci di sferrare attacchi mirati - che vedremo non essere mai casuali - anche contro piattaforme governative ultraprotette. Sin da subito adottano come simbolo la maschera di Guy Fawkes, cospiratore cattolico che tentò di assassinare Giacomo I d’Inghilterra nel 1605. L’obiettivo? Usare internet come arma a difesa di libertà e diritti umani.

Sebbene Anonymous in queste settimane stia riscontrando un grande interesse mediatico per via degli attacchi informatici rivolti a oligarchi russi o allo stesso Cremlino, le prime operazioni di questo gruppo risalgono anche a più di dieci anni fa. Tra gli interventi più famosi si ricorda un video in cui, a seguito dell’assassinio di George Floyd da parte della polizia di Minneapolis, una maschera di Guy Fawkes promette di impegnarsi per identificare i responsabili dell’aggressione. O ancora, l’attacco informatico del 2008 alla Chiesa di Scientology, una lobby che vieta ai propri membri la libertà di espressione, e la caccia ai gruppi terroristici responsabili degli attentati al Bataclan e allo Stade de France.

Resta, però, indubbio che con l’aggressione militare di Putin nei confronti dell’Ucraina Anonymous abbia superato qualsiasi vetta raggiunta in precedenza. Le notizie relative ad attacchi dell’organizzazione nei confronti dei responsabili della guerra popolano qualsiasi testata giornalistica. A nemmeno un giorno dall’invasione russa in Ucraina, il gruppo di hacker ha dichiarato “guerra informatica totale” a Putin. Con la solita modalità della maschera di Guy Fawkes ripresa in un video, Anonymous ha sin da subito reso noto il proprio impegno nel contrastare il leader russo. Inutile dire che gli hacker anonimi si sono mantenuti fedeli alle promesse. Stiamo assistendo a una vera e propria mobilitazione senza precedenti di cyberattivisti pronti a difendere Zelensky e il suo popolo dallo schermo di un PC. Il primo colpo clamoroso è quello del 26 febbraio, con cui sono stati manomessi i siti del Cremlino e della Difesa di Mosca. Sono entrate nel mirino anche l’agenzia spaziale russa, Roscosmos, e diverse agenzie di stampa. Oltre a rendere impossibile l’accesso ai siti, Anonymous è responsabile anche della condivisione di informazioni e dati sensibili ottenuti aggirando la sicurezza informatica russa. Alcuni di questi documenti rendono nota l’identità dei combattenti, mentre altri suggeriscono che l’invasione militare sarebbe stata decisa già il 18 gennaio. Il caso più eclatante resta comunque l’hackeraggio ai danni della TV statale russa, le cui trasmissioni sono state interrotte e sostituite da canzoni tradizionali ucraine accompagnate da spazi informativi circa il vero stato della guerra (che la maggior parte dei russi ignora).

Note le possibilità di Anonymous, non resta che chiedersi se questa cyberguerra abbia davvero un senso. Da un lato, Anonymous vanta il merito di aver esercitato le operazioni di attivismo più potenti degli ultimi tempi. Se Putin arresta chiunque scenda in piazza a manifestare, Anonymous si fa carico in prima persona del contrasto al leader russo, limitando la propaganda putiniana, salvaguardando quelle persone che dissentono dalla linea ideologica adottata dal Cremlino e informando i cittadini del vero stato della guerra. Dall’altro lato, però, è giusto anche ammettere che questi attacchi, per quanto mirati, non hanno ancora mai messo davvero in difficoltà la Russia. Il messaggio, pertanto, c’è, ma forse, purtroppo, la guerra è una cosa troppo seria per essere combattuta a colpi di hackeraggio.

È sempre difficile dare un’interpretazione di ciò che sta accendendo, oggi più che mai. Se un’assoluta verità manca, resta comunque la speranza che una maschera, alla fine, prevarrà su una divisa militare.

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