di Alessandro Marceca
«“Credo perché so che la notte finisce e poi arriva il mattino con la luce. So che ciò che ci spinge ad andare avanti senza sosta sono la speranza e il sogno”. Martin Luther King ha pagato il suo sogno con la vita, è stato ucciso. Il mio pagamento per il mio sogno è minore, ma con conseguenze dure che non rimpiango affatto. Dopo tutto, il mio sogno è degno di tutti i sacrifici personali.»
Sono queste le parole del vincitore del premio per la pace 2022 Ales Bialiatski, lette dalla moglie alla cerimonia di consegna dei premi Nobel a dicembre. Bialiatski infatti non vi ha potuto partecipare poiché dal giugno del 2021 egli si trova nelle carceri Bielorusse senza essere però mai stato sottoposto a processo o a aver ricevuto una condanna, con l’accusa di aver finanziato alcune delle proteste antigovernative che avevano seguito le elezioni presidenziali del 2020, condannate come falsate dalla comunità internazionale, che vedevano vincitore il dittatore Alexander Lukashenko.
Ales Bialiatski fin dagli anni ‘80 lavora per promuovere i diritti umani in Bielorussia, nel 1996, a seguito dell’adozione dell'emendamento costituzionale che conferiva al presidente Alexander Lukashenko poteri dittatoriali, scoppiarono proteste e manifestazioni in tutto il Paese, Bialiatski decise quindi di fondare la ong Viasna per fornire sostegno ai manifestanti incarcerati e alle loro famiglie. Negli anni successivi Viasna si è trasformata poi in un'organizzazione per i diritti umani dedicata a documentare gli abusi delle autorità contro i prigionieri politici.
Questo 5 gennaio ha avuto inizio il processo contro il vincitore del Nobel insieme ad altri due esponenti di spicco della ong. L'avvocato di Viasna Pavel Sapelko ha dichiarato:
«Questo è un processo politico per un premio Nobel, che non ha nulla a che fare con la legge».
Grazie alla visibilità acquisita da Ales Bialiatski con la sua vittoria, infatti, il processo sta ricevendo una grandissima attenzione mediatica, quindi mentre i tre esponenti di Viasna rischiano tra i sette e i dodici anni di carcere, dopo anni l’occhio dell’opinione pubblica torna a concentrarsi sulla situazione sociopolitica Bielorussa.
Bialiatski ha sfruttato la piattaforma del premio Nobel per ricordare a tutti come valori che oggi noi occidentali diamo per scontati, come la democrazia, siano in realtà un privilegio per cui molti ancora combattono quotidianamente; e questo non in qualche lontano paese del terzo mondo,
a qui nella nostra Europa a un paio di migliaia di chilometri dalle Alpi.
«Si dà il caso che le persone che più apprezzano la libertà ne siano spesso private. [...] Migliaia di persone sono attualmente dietro le sbarre in Bielorussia per motivi politici, e sono tutti miei fratelli e sorelle. Niente può fermare la sete di libertà delle persone» sono queste le parole scritte dalle mani del vincitore del Nobel che si pronuncia anche sui suoi sentimenti nei confronti della prigionia, e alla domanda Quando sarai rilasciato? ha risposto «Sono già libero, nella mia anima. La mia anima libera si libra sulla prigione e sui contorni a foglia d'acero della Bielorussia. Mi guardo dentro e i miei ideali non sono cambiati, non hanno perso il loro valore, non sono svaniti. Sono sempre con me e li custodisco al meglio. Sono come oro colato, immuni dalla ruggine».
Le parole di Ales Bialiatski, per quanto non fosse la sua la voce a pronunciarle, delineano chiaramente la figura di un uomo pieno di speranza per la sua patria ed amore per i valori democratici che conserva come il tesoro più prezioso che possiede, mentre noi insieme al resto del mondo guardiamo a quell’aula di tribunale con ammirazione e la consapevolezza rinnovata del vitale valore di quella libertà che è diritto naturale dell’essere umano e di cui fin troppo spesso esso viene privato.
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