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Immagine del redattoreIl Foglio di Villa Greppi

Aleksej Naval'nyj: una vita da prigioniero di coscienza

Aggiornamento: 23 feb

di Francesco Sinigaglia


“Bisogna essere disposti a sopportare molto per amore della libertà scrisse Anna Politkovskaja, giornalista e attivista politica russa, assassinata nel 2006. Dopo diciotto anni dalla sua scomparsa, questa frase si incarna nella vita di un altro attivista politico russo, Aleksej Naval'nyj, morto il 16 febbraio di quest’anno, a quarantasette anni.

Naval'nyj inizia la sua carriera come avvocato, per poi entrare in politica nel Partito nazionalista. Nel 2007 è tra i fondatori del movimento Narod: la sua è una politica apertamente xenofoba, tra il sostegno al diritto alle armi e la repressione dei migranti. Tuttavia, acquistò sostegno soprattutto come oppositore del governo di Vladimir Putin. Nel 2011 creò la fondazione anticorruzione: da allora condusse indagini e pubblicò numerosi rapporti che denunciano e documentano la corruzione tra gli alti funzionari russi. Le sue lotte politiche e civili si scontrarono con il regime putiniano, che cercò più volte di metterlo al silenzio. Per questo, l’organizzazione per i diritti umani Amnesty International, lo ha riconosciuto come “prigioniero di coscienza”, ovvero chiunque venga privato della propria libertà. 

Oltre che contro la corruzione dilagante in Russia, e contro il Governo dittatoriale di Putin, Naval'nyj lottò anche per altre motivazioni: per legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso e contro l’intervento russo nella guerra siriana.

Il 20 agosto del 2020 si sentì male durante un volo per Mosca. Qualcuno lo aveva avvelenato, metodo usato per uccidere molti attivisti antiputiniani, e rimase in coma per sedici giorni.

Nel gennaio 2021 fu arrestato e condannato a scontare numerose pene, che ammontavano a 38 anni di carcere. Imprigionato, le sue condizioni di salute peggiorarono ma nessuno provvide a curarlo. Nello stesso anno vinse il Premio Sakharov per la libertà di pensiero.

Nel giugno 2022 fu condotto nel carcere di massima sicurezza di Melekhovo, in Siberia e condannato ad altri 19 anni, con l’accusa di incitamento ad attività estremiste e di apologia nazista: fu dichiarato colpevole di tutte le accuse in un processo svoltosi a porte chiuse.

Il 16 febbraio 2024 viene comunicata la morte; secondo il carcere causata da una “sindrome da morte improvvisa”, ma per la famiglia si tratta di “assassinio di Stato”. Una morte, unita a quelle di tanti altri oppositori politici, che mette di nuovo alla luce l’ambiguo e oscuro governo di Putin, sotto gli occhi del mondo.

Aleksej Naval'nyj, come si è potuto capire leggendo questa sua breve biografia, non era un personaggio dalle idee propriamente liberali, ma la sua grandezza è stata il suo estremo coraggio, il suo impegno nel cercare di dare alla Russia elezioni libere, possibilità di scelta, libertà di parola e pensiero. E' morto per questo, rinunciando a tutto. E se, come scrisse Politkovskaja, chi ama la libertà deve essere disposto a sopportare molto, possiamo solo domandarci quante corruzioni, ingiustizie e morti dovrà ancora sopportare la Russia, prima di diventare davvero uno Stato democratico.


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