di Edoardo Gatti
Di diritto e di rovescio ai piedi della storia. Ora sì, possiamo dirlo: Jannik Sinner da San Candido è tra i grandi del tennis. E se il suo 2023 ha sciolto ogni dubbio sulla sua forza, i primi scampoli di 2024 gli hanno consegnato in via definitiva le chiavi dell’eternità.
Vincendo gli Australian Open, l’Italia è tornata a vincere uno Slam 48 anni dopo le imprese di Panatta sul rosso del Roland Garros. Impensabile, per molti, rivivere certe emozioni. Così come sembrava impensabile riportare nel Bel Paese la Coppa Davis, il massimo torneo tennistico per nazioni. Ebbene, la squadra azzurra, lo scorso 26 novembre, è riuscita a spezzare un’altra attesa estenuante, questa volta lunga 47 anni, e lo ha fatto insieme al suo ragazzo d’oro.
Un ragazzo diverso dagli altri. Un prodigio dello sport sin da piccolo, tra calcio e scii, sarà poi la racchetta la sua vocazione. Anzi, la sua missione, con cui porsi l’obiettivo di arrivare. Lavora tanto, Jannik. Negli occhi ha la fame che contraddistingue solo i migliori. È solo un ragazzo, ma sorprende fin da subito il cinismo dei colpi, la precoce maturità tennistica, la consapevolezza e, soprattutto, la solidità mentale che esalta un’innata capacità di gestione dei momenti cruciali di una partita. Respinge la pressione (e le critiche, tante) con la freddezza dell’altoatesino doc, e dimostra, anche negli errori, di saper sempre come reagire, come correggersi.
La scalata verso i riflettori è graduale, gestita con cura, quasi senza dar nell’occhio. Nel 2019 vince le Next Gen Atp Finals, l’anno dopo è già ai quarti del Roland Garros, vince il 250 di Sofia e diventa, a 19 anni e 4 mesi, il più giovane italiano a conquistare un titolo Atp nell’era Open, l’anno dopo ancora vince altri 4 titoli, raggiunge la prima finale in un Masters 1000 (a Miami) e registra ulteriori passi in avanti. E così fino ad oggi. Nel mezzo, la formazione del percorso. Tra vittorie esaltanti e momenti no che, nel tempo, hanno accentuato l’intransigenza da ‘’voglio tutto e subito’’ del tifoso medio e di una stampa fin da subito bipolare e aggressiva nei suoi confronti, nonostante la giovane età e i numerosi record battuti, infranti, riscritti nel segno del talento e della perseveranza.
È stato definito ‘’Caso Nazionale’’ e ‘’non degno dell’azzurro’’ quando ha deciso di non rispondere alla convocazione dell’Italia per recuperare energie (sacrosanto diritto per il corpo di un atleta), è stato elogiato a convenienza, prontamente attaccato per la presunta povertà del suo gioco e screditato nelle sconfitte, scatenato i più beceri e retrogradi dibattiti sulla sua italianità e sul suo amore per il Paese. Lui, dal canto suo, non ha mai speso una parola sul triste accanimento che lo ha coinvolto. Ha fatto ciò che meglio riesce: ha risposto con i fatti. Con il suo tennis avvolgente, potente, con il tempo trasportato su un’altra dimensione per varietà di soluzioni, completezza, sicurezza fisica e tecnica. Ha risposto con le poche parole della sua sincera ed immensa umiltà. È caduto, si è rialzato, ha colpito, ed ha vinto. Come solo i più grandi.
Ma c’è di più. C’è molto di più. Non bastano, forse, i 12 titoli conquistati fin qui (a soli 22 anni), le 200 vittorie in carriera, e la terza posizione nel ranking Atp che un italiano mai aveva raggiunto prima d’ora per misurare l’importanza che Jannik è riuscito a ritagliarsi nel cuore degli italiani (quelli che ci sono sempre stati). Nessuno più di lui è riuscito ad insediarsi nel disagio del nostro tempo e a riunire l’Italia, sportiva e non, in un unico abbraccio, un po' come fatto dai Valentino Rossi e dai Roberto Baggio. Ha sfidato e battuto i migliori (nella memoria i trionfi su Djokovic e Medvedev), a testa alta e petto in fuori. Si è lasciato alle spalle tutti i dubbi di chi non credeva, rimodulando, una volta per tutte e rigorosamente con i fatti, le opinioni sul suo conto. Ha emozionato, regalandoci attimi di tennis paradisiaco, attirando i più giovani e riavvicinando i più anziani alla bellezza dello sport. Ha colorato d’azzurro un angolo di mondo, rendendoci di nuovo fieri di sventolare in alto la nostra bandiera.
Ma, soprattutto, ha mandato un messaggio intriso di speranza, e dal profumo di resilienza, a tutti coloro che non sanno cosa fare dei propri sogni. Ci ha detto chiaramente di inseguirli, sempre, contro tutto e tutti. Dall’altra parte della rete, c’è qualcuno che aspetta solo il prossimo colpo.
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