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  • Immagine del redattoreIl Foglio di Villa Greppi

NOI GEN Z

di Letizia Sala


Cameron Boyce

Con ‘generazione Z’ si inquadrano tutti quei giovani nati tra il 1995 e il 2010. Sì, proprio loro, quelli che le statistiche reputano dipendenti dai cellulari, che da grandi faranno gli youtuber e le influencer, quelli della dimensione dell’io e non del noi. Sì, proprio noi. O, almeno, nella versione in cui veniamo dipinti.

Oddio, che siamo nativi digitali non può essere messo in dubbio: usiamo quotidianamente apparecchi elettronici che sono cresciuti con noi e ci apriamo a nuove possibilità lavorative che una ventina di anni fa nemmeno esistevano. Ma avete notato che nessuno ci dà credito per come ci mobilitiamo, per le battaglie che portiamo avanti ogni giorno? Perché veniamo reputati egocentrici, quando noi sappiamo bene che le cose non stanno così?

Abbiamo una visione periferica della realtà, è il nostro punto di forza, eppure le generazioni precedenti ci riducono a ragazzini che non realizzano nulla di concreto; siamo quelli che ascoltano la trap quando loro avevano gli iconici Pink Floyd, quelli che vincono i tornei di Fortnite mentre loro hanno vissuto nel post ’68 e occupavano le scuole.

Anche noi siamo capaci di scendere in piazza, di mobilitarci, di scrivere cartelloni di protesta. Soprattutto una di noi, classe 2003, Greta Thunberg. La stessa che è stata definita, da un ospite di Fox News, ‘disturbata mentalmente’ e sminuita da Trump come una ‘giovane ragazza entusiasta che desidera un futuro fantastico e meraviglioso’ (frase che per un tempo è stata la bio del profilo Twitter della nostra Greta; insomma, da uno come Trump mosse non proprio ponderate ce le si aspetta, ma per arrivare a sfidare a colpi di tweet una nativa digitale ce ne vuole!)

Ed è proprio in questo contesto, online, che molte delle nostre battaglie prendono piede. Lo dimostra la lotta contro l’uso delle armi condotta prima da Cameron Boyce, 1999, e poi portata avanti dalla Cameron Boyce Foundation. Per la causa l’attore e i suoi amici hanno posato emulando scene di violenza, ma sostituendo pistole e fucili a chitarre e scarpette da ballo.

Siamo la generazione che non solo si aspetta cambiamenti, ma che utilizza gli strumenti a sua disposizione ai fini della sensibilizzazione; quindi non soltanto per postare le Stories o per guardare Netflix, come molti adulti credono.

Siamo gli uni gli esempi degli altri.

Quando una canzone di Billie Eilish passa alla radio, i Boomers (1946-1964) e i Gen X (1965-1980) pensano che quella sia solo musica commerciale che va di moda. Quanti di loro sanno, però, che Billie Eilish, 17 anni, con i suoi vestiti XXL sta portando avanti una battaglia contro la sessualizzazione delle pop star? Lei è l’antitesi della loro Madonna, eppure ignorano il messaggio che la ragazza cerca in tutti i modi di far passare e cambiano stazione.

Noi diamo tutti noi stessi per abbattere i pregiudizi, per difendere i diritti dell’identità del singolo, per distruggere le etichette. E mentre questo avviene, i ‘grandi’ si concentrano solo sull’immagine che serie TV come Euphoria danno di noi.

Mettiamo le mani avanti: non abbiamo nulla contro i Boomers o i Gen X (salvo quando ridicolizzano il nostro esponente più noto o quando sostengono che i nostri mal di pancia siano dati dallo stare troppo al cellulare).

Ma voi, dall’alto dei vostri 15, 16, 17 anni, non avete la sensazione di star urlando sott’acqua? Ma non perché tutti i ghiacciai possibili immaginabili si stanno sciogliendo, no; piuttosto perché non ci ascoltano. O non ci vogliono ascoltare.


Billie Eilish

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