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Immagine del redattoreIl Foglio di Villa Greppi

I racconti dello spettacolo del 24 novembre


Durante lo spettacolo del 24 novembre sono stati letti e inscenati dei racconti scritti dagli

studenti di Villa Greppi. Erano tutti belli, toccanti, e qui ve ne proponiamo tre:

Piuma di piombo di Francesco Sinigaglia

Molestie sul luogo di lavoro di Viola Paganoni

Una festa di Capodanno di Siria Carè


PIUMA DI PIOMBO

di Francesco Sinigaglia


Una piuma di piombo può volare? Vi sembrerà una domanda stupida, ma non riesco a darmi una risposta. Parlo di una vera piuma, ma di piombo. Uguale a una di quelle piume che avrete visto, almeno una volta, librarsi con un soffio di vento e danzare nell’aria. Ecco, quelle eravamo noi, mentre ballavamo con le nostre scarpette a punta, sulle note del lago dei cigni. Ci spostavamo all’unisono, da una parte all’altra, come le piume di un cigno che, mettendosi a volare, le lascia cadere, fino a poggiarsi sulla superficie dello stagno. Questa era la danza per me, rimanere poggiate sul filo della superficie, lasciando che il corpo si lasciasse muovere dalle onde dell’acqua. Capitava, a volte, che il mio sguardo incrociasse quello delle mie compagne. Le vedevo per poco, ma mi bastava per accorgermi del sorriso, che appena accennavano le loro labbra. E così era anche il mio volto, sicuro, leggero e felice. Non saprei dirvi che cos’era quello che provavo, se non armonia. La stessa armonia che cercavamo nei sogni, ogni giorno, fino a quando, in quella sala un po’ piccola e poco illuminata, la vivevamo.

Anche quel giorno la sentimmo. Fino all’ultimo respiro, sostenuto solo dalle note. Eravamo molto stanche. Lo eravamo spesso, ma il divertimento ce lo faceva scordare subito. Il nostro istruttore disse di cambiarci e dopo poco le mie amiche erano già pronte ad andarsene, ma mia mamma non era ancora arrivata. Quando uscirono tutte rimanemmo da soli. Ricordo che avevo ancora in testa la danza dei cigni, insieme ai nostri passi, sicuri, leggeri, felici. Ma era solo una sensazione. In un attimo senti la sua mano sul mio corpo, mentre mi diceva qualcosa, che però non capii. La musica era troppo forte. Fece scivolare le mani lungo i miei fianchi. Il mio corpo non era più sulla superficie dell’acqua, no, ero sommersa. Le affondò sul seno, mentre io rimasi ferma, immobile. Non mi sentivo più una piuma, non mi sentivo più nulla. Staccò le sue mani, dopo un tempo che mi sembrò infinito, lasciandomi lì, pesante come il piombo. Poi se ne andò.

Da quel giorno non riesco più a danzare come prima. Non è cambiata la musica e nemmeno il sorriso sul volto delle mie compagne. Ma io sì. Guardandomi, potreste pensare che sia una piuma come le altre, ma non è così, non più. Dentro sono rimasta come piombo. Troppo pesante per librarmi nell’aria. Resto ferma, mentre le note passano una dopo l’altra. La superficie, su cui ancoravo la punta dei piedi, è così lontana dal fondo. Per questo ve lo chiedo e ho bisogno che qualcuno mi risponda. Una piuma di piombo può ancora volare?



MOLESTIE SUL LUOGO DI LAVORO

di Viola Paganoni


A casa tutti mi ammirano: dopo qualche anno di impegno e straordinari, sono diventata capo reparto. Ho solo trent’anni, e la mia posizione è invidiata da tanti uomini intorno a me. Quando ho ottenuto la promozione Mario, che ha l’ufficio qui accanto, mi ha chiesto di passare a trovarlo, per congratularsi con me. Mi è sembrato scortese rifiutare l’invito, quindi sono andata. Gli atteggiamenti amichevoli, però, si sono presto trasformati in frasi aggressive: “Perché credi di essere diventata capo reparto?”, “Non lo sai cosa dice il datore sulle tue gambe?” e, ancora, “Secondo te è un caso che la parola capo esista solo al maschile?”. Ogni parola si insinua prepotentemente nella mia mente, la occupa, e poi si gonfia, si gonfia, e ad un certo punto esplode. Vedo le sue labbra muoversi ma non sento più che dice, voglio andare a casa. Chiudo gli occhi. Mi ritrovo in macchina, fuori da casa di Mario, la giacca infilata in fretta e furia e le mani che tremano. Gli occhi lucidi e il respiro affannoso. Non ho reagito, sono solo riuscita a mormorare un “Me ne vado”. Stupida, stupida, sei stata stupida, mi ripeto. Mi afferro un braccio e lo stringo, forte, come per fermarmi prima di cadere in quell’abisso di vergogna.

La mattina dopo, al lavoro non ci voglio andare. Mi sento come tornata bambina, quando inventavo il mal di pancia pur di non andare a scuola, per paura dei miei compagni, che mi tiravano le trecce. Non cresciamo mai, e forse da adulte fare i conti con la paura è ancora più difficile, perché è umiliante anche solo ammettere a noi stesse di essere terrorizzate da un mondo che non ci lascia spazio. Mi faccio coraggio e alle 9.00 sono in azienda.

Vorrei andare a parlare con il datore di lavoro di quanto accaduto, ma non credo capirebbe. In fondo non è stato niente, forse ho esagerato a prenderla così. Forse scherzava, non voleva intendere davvero ciò che ha detto. Cerco di rilassarmi. Poi il datore mi chiama. Busso alla sua porta ed entro. Lui è lì, seduto dietro la scrivania. Appena mi vede sorride. Mi guarda, sempre sorridente, il suo sguardo che percorre il mio corpo. Si sofferma un attimo sulla camicetta bianca. No, è stata un’impressione. Sono ancora scossa da ieri. Non tutti sono così. Mi siedo e gli chiedo cosa possa fare per lui. Mi fissa e con un mezzo sorriso divarica le gambe. Mi pietrifico. Non penso se ne sia accorto. Allunga una mano e prende una ciocca dei miei lunghi capelli biondi tra le dita, iniziando a giocarci. Il cuore mi batte forte, lo sento pulsare nelle orecchie. “Lo sai”, mi dice. “Veramente io…” inizio, ma la frase mi muore in gola. Le guance avvampano, non so che fare. Non posso alzarmi, non ora. Ho la certezza che perderò il posto, se me ne vado adesso. Perché c’è bisogno di così tanto coraggio per stare al mondo?



UNA FESTA DI CAPODANNO

di Siria Carè


Era la mia prima festa di Capodanno, l’avevo sempre passato a casa con i miei genitori, ma quella volta sarebbe stato diverso, sarebbe stato fantastico, divertente ed indimenticabile… purtroppo fu solo indimenticabile.

Conoscevo poche persone erano tutti più grandi di me; mi chiesero di mentire sulla mia età ed io lo feci, non volevo pensassero fossi una bambina; in fondo una piccola bugia non avrebbe fatto male a nessuno.

Quella sera tutti bevevano, sembravano divertirsi, così decisi di farlo anche io. Ed ecco (porta un bicchiere alla bocca) uno,... due,... tre, la testa mi girava, che sensazione strana ma mi sentivo leggera, libera, grande. Ad un certo punto mi offrirono una specie di sigaretta e mi dissero che il divertimento sarebbe aumentato; io mi sono fidata...alla fine li conoscevo erano bravi ragazzi.

Mi sentivo confusa e spaesata, però “che sballo”! Era come se fossi su una giostra, tutto intorno a me girava vorticosamente ed io non potevo più scendere.

Ad un tratto la musica divenne assordante, mi mancava l’aria, non riuscivo più a muovermi e ricordo solo quelle mani fredde che iniziarono a violare il mio corpo, umiliandolo, ferendolo ed io li incapace di impedirlo. Ricordo ancora le risate vuote e sprezzanti di quei ragazzi, la luce di un cellulare che mi accecava e le lacrime che rigavano le mie guance.

Il mattino dopo mi svegliai in quella casa ormai vuota, ero spaventata ed a stento mi reggevo sulle mie gambe. Pensai “SCAPPA, SCAPPA VIA!... SALVATI..”. Mi diressi verso la porta con le poche forze che mi erano rimaste e tornai a casa. Nessuno doveva sapere, forse era stato un brutto incubo, avrei dimenticato tutto . Dopo qualche giorno tornai a scuola e vidi i volti dei miei compagni guardarmi con sorrisetti pieni di disprezzo e giudizio; si avvicinò a me Laura, la mia unica amica, e con imbarazzo mi mostrò il video di quella notte. Il mio incubo era una ineluttabile realtà e quella violenza si sarebbe ripetuta ad ogni nuova visualizzazione. Non lo potevo sopportare... Ora basta!!!

Ventiquattro minorenni sono stati accusati di violenza sessuale aggravata, detenzione e divulgazione di materiale di pornografia minorile.

Oggi, ho 16 anni ho cambiato città, scuola ed amici e provo a dimenticare. Ma quella terribile notte è indelebile nei miei ricordi.





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