di Claudia Molteni Ryan
Notre-Dame a Parigi è stata divorata dal fuoco. Un edificio speciale, uno dei gioielli creati dall’umanità che non è solo uno dei simboli della Francia e, in particolare, di Parigi, ma è un bene prezioso di tutti, uno di quei luoghi che, quando lo si è visitato, si prende per sé una parte del nostro cuore.
Ieri sera, vedendola con un ventre di fiamme, ho pianto. Ma il mondo è fatto così: nulla è eterno, tutto cambia, magari con tempi molto più lunghi rispetto la vita di un uomo, ma il mutamento è inesorabile.
Accettare il cambiamento è, però, a volte difficile, e quando qualcuno o qualcosa muore, subentra un sentimento di lutto.
Ho visitato Notre-Dame molte volte, ma ho un ricordo speciale di un’occasione quando, in compagnia di mio figlio adolescente, la vedemmo illuminata solo con candele. C’era una funzione particolare, molto sontuosa, e l’illuminazione elettrica fu spenta per lasciare il posto a mille fiammelle che donavano all’architettura un fascino misterioso, così come doveva essere quando la costruirono nel XII secolo. Una sorta di seduzione mistica amplificata dal canto di un sacerdote dalla voce angelica.
Ora bisognerà vedere quali danni il fuoco ha prodotto. Di sicuro il tetto in legno e le vetrate sono andati persi. Poi ricomincerà l’alacre lavoro dell’uomo che ripara le ferite, ricostruisce per i posteri. Questa è la grandezza dell’umanità.
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