di Edoardo Gatti
Pensavo che la mattinata del 2 novembre sarebbe stata la solita mattina tristemente passata davanti ad un PC ad ascoltare il professore intento a spiegare nuovi argomenti. Si, è stato così, ma quella mattina ero particolarmente scosso da una notizia letta dal sottoscritto poco prima di collegarmi per la consueta lezione delle 8.
Apro il sito sportivo Sportmediaset per farmi una ripassata degli eventi sportivi conclusasi il giorno precedente, sorrido nel leggere un articolo del mai banale Fabrizio Biasin e poi mi blocco. In sovraimpressione compare un'ultim’ora che mi ha profondamente turbato: è morto Gigi Proietti. In un ristretto lasso temporale passo dalla felicità al gelo più totale. Un pezzo della comicità italiana se ne va assieme a lui.
Immagino che le tende del paradiso si aprano e lì ad aspettarlo c'è un seggiolino rosso: si siede sopra ad esso e ammira, da spettatore, quel che ha creato in sessant'anni di carriera, ovvero i sorrisi di milioni di persone dell'Italia intera, che si inchinano per l'ultima volta dinnanzi al mattatore della comicità italiana. Addio Gigi.
Gigi Proietti ci lascia dopo una lunga lotta contro un problema cardiaco proprio il giorno del suo ottantesimo compleanno. Ha amato farci sorridere, farci ridere. Gigi credeva nella frase ''sorridere ringiovanisce'', e solo un brutto male poteva fermare la sua voglia di risata. In poco tempo, a partire dagli anni ’60, divenne una leggenda del teatro grazie a quel suo lato grezzo de Roma, ma buono come il pane, che ha conquistato un'intera popolazione. Ovunque metteva mano, creava qualcosa di magico e rivoluzionario allo stesso tempo, ed è grazie a questa sua capacità che divenne il mattatore che tutti conosciamo, capace di essere ancora oggi attuale, malgrado una nuova generazione di comici si sia fatta strada. La sua comicità era fatta di romanità e ironia e fu capace di ispirare molti giovani attori, coinvolgendo quelli che poi sarebbero diventati il futuro del cinema italiano: dalla Cortellesi a Edoardo Leo, passando per il suo più grande allievo, ovvero Enrico Brignano, considerati dei colossi della comicità nostrana di questi tempi.
Gigi era presente su tutto il panorama artistico italiano, andando sempre alla ricerca di nuove sfide. Oltre che recitare a teatro, nelle fiction televisive e cimentarsi come scrittore, prestò la voce a vari film di successo, tra cui spicca una delle più famose pellicole degli anni '80, ovvero ''Rocky'', doppiando il protagonista Johnny Kovak alias Rocky Balboa, interpretato da Sylvester Stallone.
Se davanti ad un microfono raggiunse dei discreti successi, non riuscì clamorosamente a sfondare nel mondo del cinema fino al 1976, anno di produzione di un film cult destinato a raggiungere più generazioni, a farle ridere e far comprendere loro la bravura di Gigi Proietti: il nome del film è ''Febbre da cavallo'', una pellicola che mi ha fatto scoprire il mito romano, e durante questo secondo lockdown, che ci priva della possibilità di uscire, non ci resta che ridere a crepapelle riammirando quelle infinite mandrakate vissute insieme a Montesano, e farci contagiare dal suo sorriso che ci regala speranze per un futuro all'insegna dell'allegria.
Qui lascio il link per vedere questa storica scena del film sopracitato.
Grazie di tutto maestro.
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