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  • Immagine del redattoreIl Foglio di Villa Greppi

ADDIO A DIEGO ARMANDO MARADONA… e a Paolo Rossi

di Edoardo Gatti


Sono state settimane movimentate per gli amanti del calcio e per il mondo intero, lasciato col fiato sospeso prima e in un bagno di lacrime poi, con il solo pallone a creare un minuscolo attrito di luce nel buio. Da ormai una settimana, Diego Armando Maradona ci ha lasciati. Il ''dio del calcio'' è morto all'età di sessant'anni per un arresto cardiocircolatorio. Non solo è stata una tragedia per chi è nato e cresciuto con un pallone al suo fianco e i sogni nel cassetto suggeriti dal suo immenso talento, ma hanno creato soprattutto scompiglio le incognite legate al suo decesso: come sia accaduto, a chi dovrà andare la sua cospicua eredità, chi può avere delle colpe per la sua dipartita, come ad esempio il suo medico, che è stato anche accusato e minacciato di morte. Essendo un fan accanito del calcio, non posso non essere dispiaciuto per la sua scomparsa prematura. Ho già scritto tanto su questo calciatore sui social, ma penso di non aver ancora terminato i sentimenti che mi provoca riguardare clip, documentari o addirittura delle partite intere dei suoi anni migliori. Una leggenda che non ho ammirato abbastanza, ma che mi è stata narrata. Diego era semplicemente una favola quando accarezzava il manto erboso. E quindi eccoci qui, in questo articolo, per descrivere un genio ribelle del pallone: Diego Armando Maradona.

Il “migliore” non poteva che nascere in Argentina, patria del football per eccellenza, le cui strade malconce accolgono sin dai primi passi i sognatori, dove le porte per segnare goal sono costruite con tutto quello che si trova, i palloni hanno una forma geometrica poco identificata, ma regna tanta passione. Diego è partito da qui, dove prima del talento ci vuole il sacrificio. Dalle stalle alle stelle, per poi raggiungere l'Universo, con due sogni scolpiti nel cuore, manifestati in occasione di un'intervista risalente ai suoi primi goal, nell'Argentinos Juniors: ''Il mio primo sogno è giocare un Mondiale, il secondo è vincerlo.'' El pibe de oro (il ragazzo d'oro) aveva già le idee chiare e la ''garra'' argentina nel sangue.

La definitiva consacrazione arriva nel 1984: l'avventura col Barcellona si chiuse male, e allora Corrado Ferlaino, presidente del Napoli, bussò alla porta dei catalani. In quel momento, Diego era il calciatore più costoso al mondo, ma è a Napoli che divenne il più forte: 13 miliardi di lire e l’affare si concluse. Nel momento della presentazione i napoletani erano in tumulto, e appena Diego iniziò a palleggiare i decibel aumentarono sempre più. Vederlo era uno spettacolo per gli occhi, raro e prezioso. Napoli in quel momento versava in condizioni economiche pietose, ma al popolo bastava vedere giocare Maradona per sentirsi ricco.

Il Diego calciatore è stato tutto: quando era in campo dominava tutto il rettangolo verde, pretendendo la palla per inventare traiettorie tutte sue, oppure per partire, palla al piede, e far ballare il Tango agli avversari.

Grazie alla sua bravura, all'estro e alla fantasia, è stato in grado di ingigantire piccole squadre mai abituate a vincere, come il Napoli e la nazionale Argentina. È stato in grado di regalare sogni e sorrisi dove corruzione e povertà regnavano, divenendo, sia a Napoli che in Argentina, ''simbolo ed eroe dello sport''.

Lo celebriamo oggi e rimarrà un giocatore nella storia. Oggi, però, dobbiamo omaggiare anche un altro grande giocatore, questa volta italiano, che ci ha lasciato durante la notte: Paolo Rossi (Plabito), morto a soli 64 anni di tumore.

Questo è un periodo triste, per tanti motivi.


Godetevi questo show targato Diego:

E quest’altro targato Pablito:

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